martedì 21 ottobre 2014

Yakuza

La Yakuza (hiragana やくざ, katakana ヤクザ), chiamata anche Gokudō (極道) è un'organizzazione criminale giapponese suddivisa in numerose bande dette kumi o, nella terminologia legale, Bōryokudan (暴力団 "gruppo violento"). I loro appartenenti a volte le definiscono ninkyō dantai (任侠団体), nome il cui significato è accostabile a quello di "onorata società". La stampa occidentale solitamente vi si riferisce con il termine generico di "mafia giapponese" per alcune caratteristiche comuni. Potentissima in patria, la Yakuza firma circa cinquecento omicidi l'anno per lotte intestine fra i capi mafia e controlla attività illecite come prostituzione, estorsione e gioco d'azzardo. È infiltrata nel mondo degli affari legali e delle istituzioni in molti paesi dell'Asia come Corea del Sud, Cina, Mongolia, Filippine e Indonesia e, sebbene la sua presenza in Occidente risulti limitata a causa del basso numero di giapponesi ivi presenti, l'organizzazione agisce anche negli USA.
CARATTERISTICHE
Il nome deriva da tre numeri, 8-9-3, che si traducono rispettivamente in Hachi, Kyuu e San (Ha-Kyuu-Sa,da cui deriva appunto Ya-Ku-Za), che costituivano il punteggio più basso di un gioco di carte nipponico, l'Oicho-Kabu (おいちょかぶ). Da questo si può capire che uno degli originali campi d'azione della mafia giapponese fosse il settore del gioco. L'origine della Yakuza non è rintracciabile con precisione, ma deriva da varie organizzazioni legali o semi-legali dell'era feudale giapponese.
L'esistenza della gran parte dei gruppi Yakuza è nota al pubblico e molti dei loro membri non temono di rendersi pubblicamente identificabili, vestendo in modo appariscente ed esprimendosi a volte in un gergo peculiare. Difatti a causa del profondo radicamento nel territorio, dovuto in parte ai trascorsi del periodo feudale, e alla protezione spesso fornita da gruppi legali di estrema destra — uyoku (右翼 "destra") — la polizia giapponese ha grandi difficoltà nel combattere queste organizzazioni. Il più importante atto di legislazione antimafia in Giappone risale solo al 1995.
Un altro segno distintivo dei membri di questi gruppi sono i grandi tatuaggi che tutti gli affiliati si fanno eseguire ma usualmente nascondono. L'associazione tra tatuaggi e Yakuza in Giappone è tale che questa pratica è quasi completamente sconosciuta nel resto della popolazione; inoltre in tutte le palestre e piscine delle maggiori città giapponesi sono affissi cartelli che vietano l'ingresso a chi ha dei tatuaggi.
Le attività illegali delle quali si occupa la Yakuza sono speculazioni finanziarie e immobiliari, traffico di droga e armi, estorsioni, gioco d'azzardo (soprattutto il pachinko), sfruttamento della prostituzione, e infiltrazione nelle attività aziendali. Molti gruppi, anche recentemente, si sono spinti fino ad acquistare un piccolo numero di azioni di una grande corporazione per poter accedere alle riunioni del consiglio di amministrazione, dove gli inviati della banda commettevano atti di aperta intimidazione nei confronti dei soci a scopo di estorsione. Questi fatti non venivano quasi mai denunciati. La peculiarità fisica, caratteristica di questa organizzazione, è che ai suoi Affiliati viene asportata la prima falange del dito mignolo. Tale rituale si chiama yubitsuma (taglio cerimoniale). Ciò richiama alla mente il rapporto Oyabun-kobun (padre-figlio,discepolo-maestro) e il significato più antico del gesto che simboleggiava l'espiazione delle colpe e la venerazione verso il maestro a cui viene consegnata la falange in un fazzoletto di stoffa pregiata. Tra i motivi che hanno sempre attirato verso la Yakuza la simpatia della popolazione ed anche un certo atteggiamento bonario delle Istituzioni giapponesi, almeno fino al 1992, è il continuo richiamo solo teorico e la parvenza formale ipocrita di adesione al bushido, codice di comportamento del Samurai ispirato al senso del dovere e dell'onore (giri) e al sentimento umano (ninjo), caratterizzato dall'altruismo verso i più deboli e generosità verso i poveri. Valori travolti ormai da decenni in questo tipo di organizzazione nata in origine come una societa' di mutuo soccorso.
STORIA
Le origini della Yakuza, sebbene non chiare del tutto, sono da rintracciare nel XIX secolo, nel periodo Edo. Il Giappone, fino a quel momento logorato da incessanti guerre, riuscì a trovare una certa stabilità politico-sociale durante lo shogunato Tokugawa. Nonostante ciò, numerosi samurai, che fino a quel momento ebbero ruoli altisonanti, non riuscirono ad inserirsi nel sistema burocratico e, sentendosi ai margini della società, si riunirono in piccoli gruppi chiamati hatamotoyakko, dediti all'oppressione della popolazione, considerati da molti i progenitori della Yakuza. Ci sono anche teorie che propongono collegamenti coi ninja. Altri ritengono che i suoi antenati furono i machiyakko, bande di ronin al servizio della gente indifesa, ma anche loro coinvolti, acquisì uno spirito prettamente nazionalista. L'organizzazione si specializzò inoltre in atti intimidatori nei confronti degli avversari politici e nella stipulazione di patti con persone autorevoli del mondo economico, garantendosi così posti sempre più rispettati ed ingenti guadagni. L'organizzazione conobbe un periodo di crisi dopo la seconda guerra mondiale, quando il Giappone fu occupato dalle forze alleate guidate dagli Stati Uniti, ma riuscì a rimanere in attività e, persino, a guadagnarsi la stima della coalizione, approfittando delle divisioni interne allo SCAP.
La Yakuza ottenne il compito di mantenere l'ordine pubblico, in cambio di appalti nell'edilizia. Fu così che la mafia giapponese rinacque e divenne ancor più influente di prima: si infiltrò nel Partito Liberal Democratico, fornì guardie del corpo ai politici più importanti, appoggiò campagne elettorali portando voti con le minacce e intervenne spesso nel settore industriale. Davanti al sempre più crescente potere dell'organizzazione, lo SCAP adoperò misure drastiche, arrestando circa 50.000 persone, di cui solo una minima parte fu condannata. La sua vicinanza ai gruppi della destra neofascista e xenofoba viene confermata dalla protezione che fornì al terrorista nero latitante Delfo Zorzi.
Nel 1992, il governo giapponese, per poter ostacolare l'ascesa dell'organizzazione, emanò la legge anti-boryokudan, che dichiarò illegali tutte quelle associazioni che ricorrono a violenza e intimidazione. Inizialmente, il provvedimento sembrò dare buoni frutti, poiché più di mille membri furono arrestati e altre migliaia di loro uscirono dal giro per immettersi in attività a norma di legge. Ma con il tempo si rivelò inefficace, dato che i componenti dei clan scomparsi si unirono a quelli più potenti come Yamaguchi-gumi di Kobe e Sumiyoshi-kai di Tokyo, accrescendo così la loro supremazia.
La Yakuza gode anche dell'appoggio di molti giapponesi che vedono in essa dei protettori su cui fare affidamento, nonostante numerose campagne di sensibilizzazione da parte del governo nipponico. Per questo i suoi adepti circolano tranquillamente con abiti prestigiosi a bordo di auto lussuose, mostrano con disinvoltura il loro biglietto da visita e si riuniscono in eleganti edifici dove è facilmente visibile il loro logo. A causa di ciò, le forze dell'ordine giapponesi trovano numerose difficoltà nel fermare l'organizzazione.

Sayounara,
*Checca-chan

lunedì 20 ottobre 2014

Il Padiglione d'oro a Kyoto.

Intorno al 1330, in una fase particolarmente cruenta delle incessanti lotte tra i signori feudali (daimyo) che si contendevano il dominio del Giappone incuranti dell'autorità - pur ritenuta di emanazione divina - dell'imperatore, uno di questi, il generale Takauji Ashikaga, si autoprolamò shogun (ossia detentore dello shogunato, una carica che si può tradurre come dittatura militare), ponendo sotto il suo potere tutti gli altri maggiori feudatari e relegando l'imperatore stesso a un ruolo quasi esclusivamente di rappresentanza.
Il generale trasferì ben presto la propria residenza (sede di ogni attività politico-militare) a Kyoto, l'antica capitale, la quale era stata sostituita con la città di Kamakura a partire dal 1192. La dinastia Ashikaga, di cui Takauji fu l'iniziatore, mantenne, attraverso la via ereditaria, lo shogunato fino al 1573, vale a dire per circa due secoli e mezzo.
Per quanto riguarda l'evoluzione del carattere dell'architettura, durante questo lunghissimo periodo di ininterrotta successione dinastica degli Ashikaga - particolarmente nel corso del primo secolo del loro shogunato - la crescente mentalità guerresca (si pensi al ruolo fondamentale assunto già da qualche decennio dalla casta dei guerrieri samurai) e gli austeri ideali propugnati dalla concezione zen contribuirono a introdurre una tendenza alla semplicità e alla morigeratezza in tutti gli aspetti della vita.
Anche la cerimonia del tè (di derivazione zen) propose molti suggerimenti per la costruzione degli edifici, soprattutto sollecitando a mitigare la tendenza allo sfarzo e all'esuberanza decorativa. Nella pratica, la sala e il padiglione da tè divennero i modelli per una progettazione basata su dimensioni modeste (ossia non oltre i limiti richiesti da un agevole svolgimento delle funzioni), decorazioni moderate, leggerezza strutturale e abbondanza di superfici aperte verso la natura circostante.
La vicenda del "Kinkakuji" (noto in Occidente come Padiglione d'oro) comincia con l'ascesa al potere di Yoshimitsu, il terzo shogun della dinastia Ashikaga, il quale, dopo aver consolidato il dominio della sia stirpe con l'unificazione del Paese (fino ad allora diviso in Corti del Nord e Corti del Sud), decise di lasciare l'importante carica al figlio e di dedicarsi allo studio e alla meditazione. A questo scopo acquistò una villa situata nel quartiere Muromachi, vale a dire nella più bella zona collinare nei dintorni di Kyoto, per farne la sua nuova dimora. Subito dopo, sull'ampio terreno circostante, cominciò a costruire una serie di edifici che fungevano da annessi alla struttura preesistente; la quale, nel frattempo, era stata restaurata e, in gran parte, trasformata secondo le esigenze di Yoshimitsu e quelle dei suoi collaboratori e degli autorevoli ospiti che egli frequentemente invitava a soggiornare presso di sé.
E' insieme a questi nuovi edifici che, tra il 1396 e il 1398, Yoshimitsu Ashikaga fece erigere anche il Padiglione d'oro. Volendo, tra l'altro, celebrare, con la creazione di tale opera, per più motivi straordinaria, proprio l'avvenuta, recente unificazione del Giappone (e il totale dominio degli Ashikaga su di esso), ordinò che il Kinkakuji presentasse nei suoi tre piani la sintesi dei più importanti stili del Paese.
Infatti, il primo piano, chiamato "La Camera delle acque di Dharma", fu realizzato nelle forme dello "shinden", lo stile che aveva caratterizzato le residenze delle grandi famiglie aristocratiche nell'ottavo e nel nono secolo. Per il secondo piano, detto "La Torre delle onde del suono", fu adottato quale modello progettuale lo stile "Buke-zukuri", più rigido e austero, peculiare delle abitazioni della casta dei samurai durante il precedente shogunato, al tempo, cioè, in cui la capitale era stata spostata a Kamakura. Infine, il terzo piano, più piccolo rispetto ai due sottostanti, fu costruito seguendo le prescrizioni dettate dalla mentalità zen e, di conseguenza, nel rispetto dei suggerimenti offerti dall'organizzazione degli ambienti adibiti alla cerimonia del tè.
Tutto intorno furono realizzati un grande giardino rappresentante l'universo secondo la concezione cosmogonica della religione buddhista di quel tempo e un piccolo lago sul quale in padiglione aggetta, creando sull'acqua straordinari riflessi dovuti soprattutto al fatto che le pareti esterne dei due piani superiori sono interamente rivestite con lamine di foglia d'oro.
Verso il 1410, ossia poco dopo la morte di Yoshimitsu Ashikaga - e nel rispetto della sua volontà - l'edificio fu trasformato, con alcuni interventi quasi esclusivamente interni, in un tempio-santuario buddhista.
Sebbene corrisponda in maniera assolutamente fedele all'originale, l'attuale Padiglione d'oro non è quello che fu costruito negli ultimi anni del XIV secolo. Infatti, completamente distrutto nel 1950 da un incendio appiccato, per motivi mai del tutto chiariti, da un giovane monaco appartenente al buddhismo zen, esso fu riedificato appena cinque anni più tardi.

Sayounara,
*Checca-chan!

sabato 18 ottobre 2014

The Fast and the Furious: Tokyo Drift

Questo film è uscito nel 2006, diretto da Justin Lin. E' il terzo capitolo della serie The Fast and the Furious. Ciò che accade in Tokyo Drift è il seguito della storia raccontata del sesto film, uscito nel 2013.
TRAMA
 Sean Boswell è un ragazzo che cerca di affermarsi come pilota nelle corse automobilistiche illegali. Sebbene le corse gli forniscano una temporanea fuga dall'infelice situazione familiare e dal mondo superficiale che lo circonda, hanno anche la non trascurabile conseguenza di renderlo decisamente antipatico alle autorità locali. Dopo l'ennesima corsa illegale, stavolta in un cantiere, per evitargli di finire in riformatorio la madre lo spedisce in Giappone da suo padre, un militare in carriera di stanza a Tokyo. Etichettato come gaijin (straniero) ed emarginato poiché non conosce una parola di giapponese, non impiega molto a trovare un nuovo amico in un ragazzo americano, Twinkie, che lo introduce nel mondo sotterraneo del drifting. Sean nota subito una delle ragazze più attraenti, Neela, e come suo solito attacca bottone; la ragazza è però la preferita di Takashi "Drift King", un campione di corse con agganci nella Yakuza in quanto nipote di un potente capobanda. Sean provoca DK e viene da questi sfidato a una gara di drifting, ma perde la corsa e distrugge l'auto che gli è stata prestata da Han, un socio di DK. Han vuole addestrare Sean grazie all'utilizzo di una macchina che gli regalerà. Egli infatti mal sopporta la spacconeria e l'arroganza di DK inoltre senza che venga a scoprirlo ruba parte dei profitti delle corse clandestine e dell'usura di Takashi. Si allenano al porto insieme al clan di Han, di cui fa parte anche Twinkie. Sean si allena fino a diventare un esperto del drifting, tanto da battere uno stesso alleato di DK, Morimoto. Continuando a gareggiare si allontana sempre di più dal padre, che per rinsaldare i loro rapporti gli mostra l'auto che vuole costruire partendo dalla carcassa di una vecchia Ford Mustang. Nel frattempo, in seguito all'avvicinamento di Neela a Sean, DK la lascia e lei si rifugia da Sean. Quando lo zio di DK arriva nel club e lo avvisa che il suo collaboratore lo sta truffando, egli si precipita da Han, il quale con l'aiuto dei suoi amici, tra cui Sean e Neela, fugge in automobile. Durante l'inseguimento l'auto di Han viene ribaltata dall'impatto con un'altra automobile e prende fuoco uccidendo il ragazzo. Contemporaneamente coinvolto in un incidente, Sean abbandona Neela in auto e cerca di avvicinarsi, ma non riesce ad arrivare in tempo non notando l'assassino. Dopo questo avvenimento, i componenti del clan di Han decidono di lasciare la città, mentre Neela viene costretta ad abbandonare Sean e a tornare con DK. Una volta recuperati i soldi sporchi che Han aveva sottratto, Sean decide di restituirli al legittimo proprietario, cioè Kamata, lo zio di DK. Ovviamente, Kamata è molto adirato per ciò che Sean e il nipote hanno combinato. Sean allora propone una soluzione che non comporti una guerra aperta ma una corsa automobilistica. Convinto di poterlo battere nuovamente, DK accetta la sfida che organizza di proposito sulla montagna dove è presente un percorso che conosce alla perfezione; tuttavia, nonostante le scorrettezze dell'avversario, Sean riesce a vincere la gara e Kamata manda in "esilio" DK proclamando Sean il nuovo re del drift. La relazione con Neela può finalmente diventare realtà. La scena finale ha luogo nel solito parcheggio sotterraneo, nel quale si sta facendo festa. Sean è impegnato con Neela, ma Twinkie interviene dicendo che c'è un pilota che vuole correre con lui, un caro amico di Han che non è ancora stato battuto in tutta l'Asia. Lo sfidante si rivela essere Dominic Toretto a bordo di una Plymouth Road Runner del 1970. I due si parlano amichevolmente, poi Neela dà il via e partono sui titoli di coda in attesa di un nuovo film.

Dopo l'incidente alla sua ragazza in Fast and Furious 6 Han decide di recarsi in Giappone essendo suo desiderio da tempo, come aveva deciso la coppia pochi giorni prima.
Alla fine del sesto film viene riproposta la scena della morte di Han da una prospettiva del tutto nuova e rivelatrice: Han perde la vita in quell'incidente, per un incendio provocato dalla perdita di benzina della sua auto incidentata, poiché il fratello di Owen Shaw lo colpisce di proposito; Ian inoltre lascia vicino la vettura di Han in fiamme una collana appartenuta alla fidanzata di Dom (protagonista degli altri capitoli) e telefona a quest'ultimo, avvisandolo che presto sentirà parlare di lui anche se ancora non si conoscono. Nel sesto film (nella solita scena finale) scopriamo che "l'uomo misterioso" non è altri che l'attore Jason Statham che interpreta in un breve cameo il fratello del "cattivo" del 6.
Nell'ultima scena di Tokyo Drift compare proprio Dominic Toretto, presumibilmente arrivato in Giappone dopo la telefonata e in cerca di indizi.
Il film differisce dagli altri capitoli della serie (sia precedenti che successivi) per un cast quasi interamente rinnovato e per un'ambientazione totalmente diversa (Tokyo, in Giappone). Viene introdotto infatti anche il personaggio di Han che verrà ripreso poi nelle pellicole successive.
Nel film compare Vin Diesel che riprende il suo ruolo di Dominic Toretto, interpretato in Fast and Furious, presumibilmente per la morte di Han.
Il pioniere del drift Keiichi Tsuchiya fa un'apparizione nel ruolo di un pescatore, durante la scena in cui Sean si allena a driftare nel porto, commentando la scarsa abilità del ragazzo. Accanto a lui compare Shiuchi Shigeno, autore del manga ed anime di Initial D, incentrato proprio sul drift.
Anche un altro pilota di drift, Rhys Millen, appare nel film, come uno dei passeggeri del volo dagli Stati Uniti al Giappone.

*Checca-chan

Artisti: Yuya Matsushita

Yuya Matsushita 松下 優也 (Kobe, 24 maggio 1990) è un cantante e attore giapponese.
È sotto contratto con la Epic Records Japan.
Il suo primo singolo "foolish foolish" è stato pubblicato il 26 novembre 2008.È diventato famoso, oltre che in Giappone, anche nel resto del mondo, grazie alla sua prima interpretazione come Sebastian Michaelis nel musical Black Butler.
BIOGRAFIA
Yuya Matsushita è stato cresciuto dalla madre e dalla nonna. All'ultimo anno delle scuole elementari, Yuya Matsushita decise di intraprendere la carriera musicale, iscrivendosi alla Caless Vocal & Dance School. Verso la fine delle scuole medie inferiori, nonostante l'opposizione della madre sui suoi piani futuri, una visita alla città di New York City nell'ottobre del 2005 rafforzò la sua determinazione a diventare un artista.
Nel 2008, il produttore Jin Nakamura lo lanciò con il singolo "foolish foolish" e anche le riprese del video della canzone ebbero luogo a New York, dopo aver firmato un contratto con la Epic Records Japan Inc.
Nel 2009, Matsushita recita nel suo primo film "Kanashii Boyfriend" e per la colonna sonora del film è stata scelta la sua canzone "Mr. "Broken Heart"". Yuya Matsushita fece il suo debutto su un palco teatrale come Sebastian Michaelis nel musical Black Butler (黒執事 Kuroshitsuji). La versione solista della canzone "Kanata he"(彼方へ), tratta dal musical, è stata inserita nel terzo singolo "Honesty / 願いがかなうなら…".
Nel 2010, il suo quarto singolo Trust Me è stato usato come ending dell'anime Durarara!!, e si è piazzato al 10º posto della classifica settimanale Oricon."Futari"(ふたり) dal suo quarto singolo è stata usata come colonna sonora del film "Toki O Kakeru Shoujo", dove Yuya ha fatto una comparsa. Matsushita riprese il ruolo di Sebastian Michaelis nel secondo musical di Black Butler(La più bella morte del mondo, mille anime e un dio della morte caduto). La versione solista della canzone "Hallucination" tratta dal musical è stata inserita nel quinto singolo, "YOU". Successivamente ha collaborato con Mahou No Island rilasciando il brano "Koe ni naranakute(声にならなくて) Feat. Sista", "first snow Feat. Sista", e "Sono toki made no sayonara"(その時までのサヨナラ) per il romanzo "No Title". Le tre canzoni sono state inserite nel suo primo album, "I AM ME". "Bird" dal suo sesto singolo, "Bird/4 Seasons", riscosse successo grazie all'utilizzo come ending per la seconda stagione dell'anime Black Butler. "4 Seasons" è stata usata come colonna sonora del film "HIkari, Sono Saki E", dove è attore lo stesso Yuya, e per la Kobe Collection 2010 Autunno/Inverno.
Nel 2011, il suo settimo singolo "Paradise" è stato usato come colonna sonora del drama Quartet, nel quale l'artista era anche il personaggio principale. È stato annunciato come ospite d'onore per il MusicFest al FanimeCon nel 2011, dove si è esibito per la prima volta oltreoceano davanti ad un pubblico di 4000 fans. Matsushita successivamente ha recitato in "Asu No Hikari Wo Tsukame 2" come capitano di una squadra di calcio scolastica.
Nel 2012, Matsushita ha rilasciato il suo secondo album dal titolo "2U" il 22/02, in riferimento al titolo stesso dell'album. Vestito da maggiordomo, è apparso nel suo primo spot per la promozione di Popon-S Plus di Shionogi, in riferimento alle sue interpretazioni come Sebastian Michaelis, maggiordomo in Black Butler. È stato annunciato che Matsushita reciterà il ruolo di Song Sam Dong nel musical "Dream High", ispirato al famoso Drama coreano. Il musical sarà in scena dal 3 al 20 luglio. Dal 4 ottobre Matsushita ha anche recitato in Pillow Talk ~Bed Of Speculation~ con il ruolo di Kakeru, un mangager di un negozio di oden. Il 5 dicembre, sono stati rilasciati contemporaneamente U 〜BEST MUSIC VIDEOS〜 e U 〜BEST of BEST〜.
Il suo fanclub prende il nome di "Umyu" ("U" è il simbolo di Yuya Matsushita, "myu" sta per Musica Melodiosa).

"La musica è tutto per me. Senza musica, non sarei qui in America ora, e sarei stato una persona completamente diversa. Mi ha reso quello che sono oggi." - Yuya Matsushita


*Checca-chan

J-pop

Il j-pop (anche jpop), abbreviazione di Japanese pop, è un termine comunemente utilizzato in Occidente per indicare la musica pop giapponese.
Il termine j-pop ha due tipi di letture: in Giappone i negozi di dischi solitamente dividono la musica in quattro grandi categorie: j-pop, enka, classica ed internazionale; questo vuol dire che si definisce "j-pop" tutta la produzione nazionale senza alcuna distinzione di genere dai più soft ai più duri. All'estero, invece, si è soliti distinguere ogni genere musicale giapponese con il suo corrispettivo occidentale, anticipato da una "j-": nasce così il j-rock, il j-jazz, il j-ska eccetera. Il senso usato in questo caso è quello Occidentale, perché di più facile enciclopedizzazione.
Il j-pop abbraccia molti generi di musica pop, come la musica elettronica e musica dance, l'hip-hop, ma anche il soft-rock e il soul. Il termine viene utilizzato per distinguere la musica popolare moderna dal genere classico e tradizionale, conosciuto come enka (alcune canzoni, fra le quali quelle di Miyuki Nakajima e Anzen Chitai, rappresentano una fusione tra i due generi). Nel j-pop sono evidenti le influenze e le contaminazioni della musica occidentale, europea e nordamericana.
La musica j-pop è parte vitale ed integrante della cultura popolare giapponese. Le serie televisive, gli spot commerciali, gli anime (che cambiano la propria sigla di apertura e di chiusura più volte), i videogiochi e molte altre forme di intrattenimento televisivo (e non solo) sono lo strumento di diffusione della musica, andando a creare un mercato secondo, nel mondo, solo a quello statunitense.
Se siete interessati ad ascoltare questo genere, consiglio il link seguente:
http://www.lastfm.it/tag/j-pop

*Checca-chan

venerdì 17 ottobre 2014

Il fiore di loto.

Tutto ciò che vi occorrerà sarà un tovagliolo e molta creatività. Seguite passo passo il mio video e imparerete a fare questo semplicissimo origami in pochissimo tempo!
Il fiore di loto <---clicca qui!


giovedì 16 ottobre 2014

Shogun 2: Total War


Piattaforme: PC
Genere: Strategico
Sviluppatore: Creative Assembly
Distributore: Halifax
Lingua: Italiano
Giocatori: 1
Data uscita: 15 marzo 2011

Hardware
Specifiche raccomandate:
- Intel® Core™i5 processor (o più potente) di seconda generazione, o AMD equivalente
- 2GB RAM (con XP), 4GB RAM (con Vista / Windows7)
- Schede grafiche AMD Radeon HD 5000 o 6000 series o equivalente compatibile con DirectX 11
- 1280×1024 di risoluzione minima dello schermo
- 20 GB liberi nell'hard disk

Undici lunghi anni sono passati dall'uscita del primo Total War, un titolo che ha cambiato completamente il genere degli strategici. Ora finalmente, dopo aver rivisitato tutti i periodi più guerreschi della storia europea, i ragazzi di The Creative Assembly hanno deciso di tornare all'epoca da cui tutto è iniziato con Shogun 2: Total War. La posta in gioco era alta, ma possiamo dirvi da subito che il lavoro fatto dalla Software House è a dir poco sopraffino. Siete pronti ad impersonare nuovamente un daimyo?
In Shogun 2: Total War vestirete i panni un signore della guerra durante il feudalesimo giapponese del sedicesimo secolo. A seguito di un sanguinoso conflitto civile durato più di 10 anni, la nazione in quel periodo era dominata da numerosi clan rivali, desiderosi di unificare il paese sotto l'unica bandiera di un nuovo ed incontrastato Shogun. Ovviamente solo uno di questi clan è uscito vincitore dal conflitto, ma questo è un videogame, non una lezione virtuale di storia del Giappone, quindi vi verrà data la possibilità di prendere il controllo di uno tra 9 diversi contendenti (10 se avete la limited edition e di conseguenza anche gli Hattori) e di partire alla conquista del potere assoluto. I programmatori si sono tuttavia impegnati a ricreare situazioni di partenza specifiche per i vari clan che rispecchiassero lo stato degli affari di quell'era: I Chosokabe si sposteranno senza troppi problemi dalla loro zona iniziale, i Date dovranno affrontare una ribellione in casa e il clan Oda sarà circondato da vicini tutt'altro che pacifici. Sono aggiunte superflue, ma lasciano intravedere da subito l'enorme cura per il dettaglio profusa in tutto il gioco.
Il gameplay di Shogun 2 non è cambiato moltissimo rispetto ai suoi predecessori. Si tratta sempre di uno strategico diviso in due fasi, una gestionale a turni e una di battaglia in tempo reale. Inizierete al comando di una singola provincia, e ben presto dovrete espandere il vostro territorio per poter in futuro controllare la sconfinata landa del Sol Levante. Tra i modi per allargare la vostra influenza il più diretto e veloce sarà indubbiamente la conquista militare ma, se desidererete governare da vero statista, anche la diplomazia risulterà un'ottima arma per raggiungere lo scopo finale. Ricordate però che, nonostante mantenere relazioni pacifiche con alcuni clan sia utile, sarà sempre e comunque con la forza che dovrete divenire Shogun, e non potrete trascurare la vostra crescita militare per troppo tempo.
La profondità tipica della serie è stata portata all'estremo in Shogun 2. Le opzioni a vostra disposizione durante la gestione dei territori non sono molteplici, sono sconfinate. Le province saranno le vostre basi operative primarie: in esse produrrete le unità dell'esercito, e costruirete strutture indispensabili per l'economia e la crescita del vostro dominio. La scelta delle costruzioni non andrà inoltre sottovalutata, visto che esagerare con i campi d'addestramento senza accompagnarvi un adeguato numero di fattorie ben sviluppate e di mercati, vi porterà ad una lenta ma inesorabile disfatta (i sudditi sono una risorsa importante quanto il denaro nei Total War, e mantenere alta la loro felicità e le scorte di cibo vi garantirà di evitare problemi).
Come potrete immaginare gli edifici non saranno la vostra unica preoccupazione. Provviste, denaro e soddisfazione sono le tre principali risorse del gioco e i loro valori verranno modificati anche da altri fattori oltre alle infrastrutture. La grandezza del vostro esercito è uno di questi, e più la vostra armata diverrà temibile e numerosa, maggiori saranno i costi per mantenerla. La conquista di nuove regioni vi permetterà di ottenere nuovi guadagni e spesso costruzioni o truppe speciali inizialmente non utilizzabili, ma non sempre basterà a garantire un quantitativo di introiti sufficiente se produrrete troppi soldati. Anche per questo motivo, una volta superate le difese nemiche, avrete la possibilità di saccheggiare una città o occuparla pacificamente. Occuparla vi permetterà da subito di assumerne il comando mantenendo gli abitanti relativamente calmi, saccheggiarla invece vi consentirà di accumulare un gruzzolo di tutto rispetto, ma provocherà un forte malcontento tra i locali che potrebbe portare a rivolte, senza contare il brusco calo dell'onore del vostro Daimyo. Se non l'aveste intuito, anche l'onore è una caratteristica da tenere d'occhio nel gioco. Un signore della guerra valoroso, che regna in modo intelligente sui propri territori e combatte rispettando gli avversari sarà fortemente onorato sia tra i nemici che tra i suoi subordinati (e questo gli garantirà anche maggiore fiducia nelle relazioni diplomatiche). Se invece vi comporterete come un mostro senza scrupoli, che razzia, distrugge e sfrutta il popolo... Preparatevi a molte, moltissime rivolte e tradimenti tra i vostri generali. Non è impossibile governare con il terrore e con l'inganno, ma è una linea sottile su cui camminare e spesso un comportamento neutrale è la strada migliore da seguire.
Parlando di Daimyo e generali, passiamo ad un'altra curiosità del nuovo titolo diCreative Assembly, lo sviluppo dei comandanti e degli agenti. A supporto delle truppe comuni avrete anche a disposizione degli agenti speciali di vario tipo: ninja, monaci, geishe e metsuke, dotati di abilità uniche. Queste unità sono incredibilmente utili ed utilizzarle adeguatamente porta grossi vantaggi durante la campagna principale. I ninja potranno sabotare i cancelli delle fortezze, assassinare generali e portare lo scompiglio tra le truppe nemiche, le geishe saranno particolarmente abili nell'arte dell'omicidio, i metsuke potranno individuare assassini e unità speciali nel vostro territorio ed eliminarli, e infine i monaci convertiranno e/o demoralizzeranno gli eserciti ostili. Questi agenti saliranno di livello a forza di completare le loro missioni, e svilupperanno le loro abilità come in un GDR! Ad ogni livello guadagnato otterranno infatti skill points e potranno distribuirli per migliorare le loro capacità. Volete un Ninja specializzato nel sabotaggio dei castelli? Fattibile. Un monaco in grado di convertire un pastore protestante al buddismo in 10 minuti? No problem. Questo sistema di crescita è presente anche per i generali, che otterranno nuovi ordini, bonus e tattiche a forza di vittorie. Le skills aggiungono una nuova dimensione al gameplay e rendono davvero importante mantenere in vita i propri comandanti ed esperti dell'intrigo il più a lungo possibile, in modo da farli diventare vere e proprie forze della natura.
Per la cronaca, gli sviluppatori non si sono fermati qui, e hanno introdotto un sistema di crescita anche per i giocatori, la Maestria delle Arti. Trattasi di una tabella ricca di ricerche, che necessitano di un numero di turni variabile per essere apprese e si dividono in due rami, uno guerresco e uno amministrativo. Durante la lunga campagna principale di turni ne passeranno molti, e spetterà a voi decidere se divenire ancor più temibili in combattimento o se puntare allo sviluppo dell'economia e delle scienze. Vi sarà possibile anche apprendere arti di entrambi i rami e divenire una via di mezzo tra un arguto governante ed un temibile conquistatore.
Complicato? Senza dubbio, e non è ancora finita. Considerate che le opzioni diplomatiche saranno moltissime (potrete creare e rompere alleanze, stipulare complessi trattati di pace con molte condizioni e persino dare o prendere in ostaggio gli eredi di un clan), che durante la campagna dovrete affrontare dei dilemmi morali di vario tipo (come ad esempio donare il grano alla popolazione durante un periodo particolarmente fertile, o conservarlo per un eventuale periodo di magra), che dovrete curarvi di maritare i vostri eredi e i vostri generali, e che vi verranno affidate alcune missioni extra, completate le quali otterrete nuove arti o unità. Dovrete poi preoccuparvi dell'acqua oltre che della terraferma, dato che le rotte commerciali marittime saranno una notevole fonte di reddito, e che le navi risulteranno spesso il mezzo più veloce per spostare un'armata sia per voi che per i vostri nemici. Per aggiungere un ulteriore pizzico di pepe occorrerà infine stare attenti anche alle epidemie e ai disastri naturali. Insomma, se amate gli strategici profondi, avete un'intera panetteria per i vostri denti.
Sun Tzu dice: "se sei cento contro mille, dattela a gambe imbecille"
La fase a turni del gioco è sicuramente meritevole, ma i combattimenti in tempo reale non sono da meno. Una volta attaccato un palazzo o un altro esercito sul mappone di gioco, potrete decidere se risolvere lo scontro automaticamente o affrontarlo direttamente. La risoluzione veloce è comoda per non perdere tempo quando vi trovate in netta superiorità rispetto agli avversari, ma conviene quasi sempre comandare le truppe di persona per evitare perdite eccessive o brutte sorprese. Il numero di unità sul campo è spesso enorme: parliamo di centinaia di truppe che si squartano sullo schermo. La loro varietà è però nettamente diminuita rispetto aEmpire: Total War, dove anche la scala di conquista era nettamente più grande. Molti si lamenteranno di questa scelta, ma la verità è che l'immensità di Empire era una gatta da pelare un po' eccessiva, e il numero smodato di unità aveva prodotto spiacevoli sbilanciamenti nel sistema di gioco. Imperfezioni che da Shogun 2sembrano fortunatamente scomparse. Le truppe tra cui scegliere sono difatti molte, ma non troppe, e le battaglie risultano estremamente tattiche grazie alle efficaci risposte alle mosse avversarie. Siamo tornati alle origini, con combattimenti simili a partite a scacchi in tempo reale, ma molto più complessi, appassionanti e divertenti. Esattamente ciò che un buono strategico dovrebbe offrire ai giocatori. Le mischie inoltre non consistono semplicemente in due armate che se le danno di santa ragione: il terreno di scontro ha infatti una importanza notevole nel decidere il vincitore finale. Nelle mappe ci saranno posizioni sopraelevate che faciliteranno le cariche, alberi in grado di nascondere le milizie, corsi d'acqua da attraversare, punti ristretti di passaggio dove tendere trappole e così via. Dominare il territorio significa dominare la battaglia, e un bravo stratega avrà molte tecniche a disposizione per sopraffare un antagonista dotato di forze maggiori delle sue. Anche per questo motivo, in partenza di ogni scontro ci sarà una fase di posizionamento nella quale schierare i propri reggimenti. Avrete anche la possibilità di mettere in pausa le lotte, così da impartire ordini in tutta tranquillità e con il massimo della precisione, e di selezionare formazioni predefinite da un comodo menu laterale.
Grande importanza durante le fasi in tempo reale la assumono inoltre i vostri generali, dotati di abilità estremamente vantaggiose. Un condottiero esperto potrà, tra le varie capacità, migliorare il morale delle truppe, incitarle in attacco e impedirne la ritirata nelle situazioni difficili. Attenzione però, i generali potranno morire in battaglia, e converrà tenerli quasi sempre fuori dalle zuffe principali (nonostante molte delle loro abilità passive li rendano temibili guerrieri).
Questa tatticità la si ritrova anche nelle battaglie navali, che tornano in una veste nettamente migliorata. Le navi tra cui scegliere non hanno la varietà dei soldati di terra, ma sono comunque dotate di peculiarità che possono renderle devastanti se ben utilizzate. Una delle novità principali in queste fasi sono le battaglie costiere, che a tutti gli effetti introducono il terreno variabile anche negli scontri in mare, con zone poco profonde utilizzabili come copertura dalle navi specializzate negli attacchi dalla distanza e scogli che rendono le manovre più complesse.
Una tale qualità nei combattimenti non può che essere elogiata, tuttavia il gameplay si porta dietro un difetto leggermente fastidioso, e presente nella serie dai suoi albori. Parliamo del Pathfinding impreciso. Non è nulla di trascendentale, ma spesso le vostre truppe non risponderanno precisamente ai vostri ordini di movimento, in particolare se deciderete di spostarle in grossi gruppi. Questo può apparire un grave problema in un gioco così tattico, ma in realtà è facilmente aggirabile, visto che il sistema permette di dividere numericamente in gruppi le unità, e che mettere in pausa le partite e spostare i reggimenti singolarmente è un'azione di facilità estrema. Se invece ciò che vi preoccupa è un'intelligenza artificiale poco soddisfacente... Non avete di che temere, anzi, a dire la verità dovreste essere terrorizzati, visto che il computer alle difficoltà più elevate è un maledetto genio, e non sbaglia un colpo. La conquista del Giappone non è certo un impresa impossibile a difficoltà normale, ed è una sfida contro dei fantocci a quella facile, ma da lì in poi gli avversari vi faranno tremare. Avete consolidato la zona centrale del vostro impero? Preparatevi a terribili attacchi sulle coste. Avete stretto alleanze con personaggi non particolarmente onorevoli? Potrebbero aver riempito di Ninja e Geishe ogni vostra singola provincia in attesa di attaccare. Volete tradire un alleato e prenderlo di sorpresa? Probabilmente quello è più infame di voi, e si è preparato a dovere... Diventare Shogun al massimo della difficoltà è un'impresa titanica, pertanto fareste meglio a prenderla gradualmente, sempre che non siate la reincarnazione di Nobunaga Oda.
Dinnanzi ad una campagna singolo giocatore tanto profonda e complessa ci si potrebbe aspettare un online più pacato. Non è così. The Creative Assembly ha fatto le cose in grande fino in fondo, con un multiplayer che nulla ha da invidiare alla campagna in singolo. Per la prima volta personalizzerete il vostro generale e ne sceglierete simbolo, colore, volto e armatura. Giocando e completando variachievement sbloccherete pezzi di corazza speciali con cui dare un look ancora più unico al vostro alter ego, senza contare che anche in rete disporrete dello stesso sistema di crescita ed abilità dei condottieri del gioco in singolo, seppur leggermente rimodellato. Oltre alla classica organizzazione di combattimenti online, sarà possibile entrare a far parte di un clan composto da più giocatori, e darsi battaglia per la conquista di un Giappone persistente in gruppi (si arriva fino ad un numero di 4 contro 4 per scontro). Una modalità dalla longevità potenzialmente enorme. Non abbiamo avuto modo di provare il gioco in rete più di tanto ma promette comunque benissimo e, oltre alla personalizzazione del proprio avatar e a questa lodevole sfida tra clan, potrete anche affrontare in cooperativa la campagna normale. Avrete addirittura l'alternativa di rendere le battaglie del single player accessibili ai giocatori in rete in qualunque momento, e una vittoria o sconfitta eventuale verrà conteggiata nel vostro profilo online. Davvero un sacco di roba, che va ad aggiungersi alle molteplici modalità alternative in singolo. Infatti, oltre a poter affrontare diverse tipologie di corsa allo shogunato (sempre in Giappone, ma con richieste crescenti, che vanno da una conquista parziale fino all'obbligo di dominare completamente tutta la nazione) esiste l'opzione di creare battaglie personalizzate contro la CPU, e di affrontare realistiche battaglie storiche che cercano di riportare accuratamente ciò che è accaduto nel feudalesimo nipponico. Per la verità queste ultime non sono molte, ma sono comunque un gradito surplus che potrà espandersi in futuro. Se non avete mai preso in mano un Total War e non pensate di reggere uno strategico così titanico, siamo lieti di informarvi che i tutorial di Shogun 2 non sono da meno e, oltre a spiegare ogni singolo dettaglio del gameplay, presentano una vera e propria campagna introduttiva nei panni del clan Chosokabe che dura tranquillamente qualche ora.
Il comparto tecnico dei Total War è da sempre ben sopra la media, e quello diShogun 2 non è certo da meno. Il numero di unità su schermo è impressionante e il livello di dettaglio delle stesse è eccezionale, anche  al massimo dell'ingrandimento. Non da meno sono i bellissimi campi di battaglia, semplici ma comunque splendidi per texture e palette dei colori utilizzate. Il Giappone offre paesaggi stupendi e in questo gioco si vede, eccome. Fantastiche anche le animazioni in battaglia dei soldati, spesso molto realistiche nonostante la massa di samurai su schermo. Davvero ben fatta anche la mappa principale, enorme, dettagliata e finalmente ruotabile. Tocco di classe aggiuntivo sono i tantissimi filmati in game, che appaiono ad ogni azione speciale dei vostri agenti. Ogni volta che i ninja o le geishe del vostro clan tenteranno di uccidere un comandante nemico, potrete ammirare dei brevi video che ne narrano le gesta, e la stessa cosa accadrà anche quando produrrete una nuova unità o inizierà un evento di particolare importanza. Favolosi anche i menu, disegnati a mò di Ukiyo-e e davvero azzeccati. L'unica pecca? Per far girare tutto al massimo avrete bisogno di un signor computer.
Il sonoro non è da meno, e oltre ad ottime musiche potrete godervi i doppiaggi in giapponese dei vari generali, avvezzi a far partire discorsi di incitamento prima di ogni battaglia.
Se avete letto tutto quello che abbiamo scritto finora, non potete avere dubbi sulla longevità. Questo è uno strategico potenzialmente infinito, e contenutisticamente c'è poco altro in grado di avvicinarglisi.


Per oggi è tutto amici otaku,
sayounara
*Checca-chan.

mercoledì 15 ottobre 2014

Doraemon

Doraemon (ドラえもん) è un manga creato da Fujiko F. Fujio e pubblicato in Giappone sul mensile CoroCoro Comic, edito dalla Shogakukan, dal 1969 al 1996. In Italia il manga è stato pubblicato da Star Comics.
Dal manga, sono state tratte tre serie anime, rispettivamente del 1973, 1979 e 2005. In seguito sono stati prodotti film, videogiochi e musical dedicati all'opera.
Il nome "Doraemon" può essere tradotto approssimativamente come "randagio". Insolitamente, il nome "Doraemon" è scritto con un misto delle due scritture giapponesi: il katakana (ドラ) e l'hiragana (えもん). "Dora" proviene da "dora neko" (gatto randagio, どら猫), ed è una corruzione di nora (randagio). "Emon" è un componente dei nomi maschili, come Goemon, benché non più molto diffuso come nel passato. "Dora" non proviene da dora, che in giapponese significa gong, ma approfittando della omofonia, la serie spesso fa giochi di parole e riferimenti su ciò, a partire dal fatto che Doraemon ama i dorayaki.
TRAMA
La storia narra delle grandi avventure di un robot blu e del suo amico, Nobita Nobi. Doraemon è un robot venuto dal ventiduesimo secolo per aiutare il fastidioso e pigro Nobita Nobi ad andare bene a scuola, a non essere così pigro e a difenderlo dai due bulli del quartiere: Takeshi e Suneo. Nobita si caccia sempre nei guai con i chuski di Doraemon, da cui Nobita dipende molto. Doraemon ce la farà oppure fallirà ad educare questo bambino? Nobita è anche innamorato di Shizuka Minamoto, sua compagna di scuola, brava ed educata. Gli episodi seguono sempre lo stesso schema: Doraemon possiede una tasca quadridimensionale, chiamata gattopone, da cui estrae ogni sorta di gadget molto particolare del XXII secolo che chiama "ciuschi". Il pigro Nobita, poco considerato dagli altri, ed oltretutto principale bersaglio dei bulli locali, finisce regolarmente col chiedere aiuto a Doraemon affinché trovi qualche dispositivo in grado di attuare vendette, risolvere i suoi problemi o tenere testa al bullo Takeshi Goda e al suo braccio destro Suneo Honekawa, un ragazzo ricco e viziato che si vanta continuamente dei suoi acquisti e delle sue disponibilità economiche.
In ogni episodio Nobita si spinge sempre troppo oltre, e malgrado le migliori intenzioni di Doraemon e della sua tecnologia del XXII secolo, Nobita si ritrova in situazioni anche peggiori di quelle che voleva risolvere all'inizio delle sue avventure, ma Doraemon riesce a trovare una nuova soluzione e la vita di Nobita (che ha fatto la cosa giusta) è sana e salva.
PERSONAGGI PRINCIPALI
Doraemon (ドラえもん)
È un gatto robot proveniente dal XXII secolo che ha paura dei topi. E' responsabile e avverte sempre Nobita di usare con cautela i suoi "ciuschi". Adora i dolci ed è disposto a tutto pur di mangiarne qualcuno a merenda. È spesso comprensivo con Nobita, però a volte sa essere severo nei suoi confronti. In alcune puntate si fa "corrompere" da Nobita per rubare i suoi ciuschi a fini egoistici. A Doraemon piace molto una gatta di nome Mie-Chan.
Nobita Nobi (野比 のび太)
È un bambino buono e non può fare a meno di aiutare le persone, ma è anche molto pigro: spesso si mette a fare un pisolino sulla sua scrivania mentre fa i compiti o anche a scuola. In un episodio Nobita dichiara di dormire mediamente 12 ore al giorno. In molti episodi quando Shizuka e Dekisugi stanno assieme lui non fa altro che piangere e chiedere aiuto a Doraemon. I suoi hobby preferiti sono guardare la televisione, leggere fumetti, dormire e andare in giro con Shizuka, di cui è innamorato. È molto bravo a giocare a ripiglino. Il suo nome è un gioco di parole che significa "uno che se la prende comoda". Nobita è nato il 7 agosto e in un episodio viene citata la sua età: egli ha 11 anni. Si scoprirà che sposerà Shizuka e avranno un figlio.
Shizuka Minamoto (源静香)
È un amica di Nobita, il quale la aiuta, essendo segretamente innamorato di lei, con i chuski di Doraemon. Shizuka suona il violino anche se in alcuni episodi dimostra di non suonarlo bene. Ama fare il bagno caldo e Nobita in alcuni episodi la spia mentre si spoglia o fa il bagno. È una ragazza molto diligente e studiosa.
Takeshi Goda (剛田 武)
È un bullo irascibile, egoista e prepotente, che vuole sempre rubare fumetti e macchine radiocomandate ai suoi compagni. Ha una passione per il canto, nonostante sia terribilmente stonato. Ha una sorella più piccola di nome Jaiko, che sogna di diventare una mangaka. Takeshi mostra il suo lato buono solo con lei.
Suneo Honekawa (骨川スネ夫)
È il millantatore che sfoggia la sua ricchezza a Nobita. Ha un fratello più giovane, Sunetsugu, che è stato accolto in una famiglia a New York, negli USA. È un alleato di Takeshi nel rubare i chuschi a Doraemon. Spesso quando il padre porta a casa cose rare dall'America, se ne vanta con gli amici, soprattutto con Nobita perché sa che lui si ingelosisce molto. In molte puntate Suneo pratica il suo gioco preferito: quello di pilotare macchinine o aerei radiocomandati, questo gioco però non vuole farlo praticare a Nobita perché sa che in passato ne ha distrutte parecchie. In alcuni episodi anche Suneo dimostra di avere un debole per Shizuka.
MANGA
Nel dicembre 1969, il manga Doraemon comparve simultaneamente in sei differenti riviste mensili per bambini. Le riviste prendevano il titolo dall'anno scolastico dei propri lettori, quindi Yoiko (bravi bambini), Yōchien (asilo), Shogaku Ichinensei (prima classe delle scuole primarie) e Shogaku Yonnensei (quarta classe delle scuole primarie). Dal 1973, la serie iniziò su altre due riviste, Shogaku Gonensei (quinta classe delle scuole primarie) e Shogaku Rokunensei (sesta classe delle scuole primarie). Le storie pubblicate su ognuna rivista erano differenti, il che significava che gli autori stavano creando più di sei fumetti ogni mese. Nel 1977, CoroCoro Comic fu lanciata come rivista di Doraemon. Manga inediti basati sui film di Doraemon furono anche pubblicati su CoroCoro Comic. Le storie che vengono conservate sotto il marchio Tentōmushi sono proprio le storie che si trovavano in queste riviste.
Dal debutto di Doraemon nel 1969, le storie sono state selettivamente raccolte in quarantacinque volumi, pubblicati fra il 1974 ed il 1996, che hanno avuto una tiratura di oltre 80 milioni nel 1992. Inoltre, Doraemon è comparso anche in numerose serie manga della Shōgakukan. Nel 2005 la Shōgakukan ha pubblicato una serie di cinque volumi dal titolo Doraemon+, che comprendevano alcune delle storie escluse dai quarantacinque volumi originali.
FINALI (SPOILER!!!)
Nel corso degli anni furono realizzati svariati finali della serie per andare incontro alla crescita delle generazioni di bambini che erano cresciuti con Doraemon:
marzo 1971, Shogaku 4-nensei: Doraemon lascia Nobita e torna nel futuro.
marzo 1972, Shogaku 4-nensei: Doraemon lascia Nobita e torna nel futuro. Nel 1981 questo episodio fu adattato in animazione, e nel 1998 in un film d'animazione.
marzo 1972, Shogaku 4-nensei: Doraemon lascia Nobita durante il sonno, dopo aver capito che è cresciuto.
Quando il duo Fujiko Fujio si sciolse nel 1987, l'idea di realizzare un finale ufficiale della serie non fu mai affrontata, e successivamente divenne irrealizzabile con la morte di Fujiko F. nel 1996. Tuttavia, appare evidente da alcuni episodi e da molti film della serie dove Nobita viaggia nel futuro, che alla fine sposerà Shizuka e vivrà una vita felice, lontano da Doraemon, che però rimarrà nei suoi ricordi.
ANIME
Nel 1973, la Nippon Television trasmise una prima serie animata prodotta dalla Tokyo Movie, che però non divenne mai popolare ed ebbe vita breve, fermandosi a 26 episodi. Doraemon rimase esclusivamente di dominio della carta stampata fino al 1979, quando TV Asahi e Shin-Ei Animation produssero una nuova serie animata di Doraemon che riscosse (e continua ancora a riscuotere) un incredibile successo, ed in Giappone cominciò la "febbre" di Doraemon.
In Italia la serie ha debuttato nel 1982 su Rai Due all'interno della trasmissione per ragazzi Tandem, avendo poi diverse repliche su tv minori e locali. Dal 2003, su Italia1, è andata in onda una nuova edizione, che includeva puntate precedentemente inedite (ma sempre prodotte a partire dagli anni '80). Questa seconda edizione ha avuto repliche su Boing e Hiro.
Sempre lo studio Shin-Ei Animation ha prodotto nel 2005 un sequel della serie televisiva, trasmessa per la prima volta in Giappone dal 15 aprile 2005 su TV Asahi. In Italia i diritti sono stati acquistati da Mediaset, che ha iniziato a trasmettere la serie dal 3 marzo 2014 su Boing.
FILM
Dal 1980 fino ad oggi sono stati creati dei lungometraggi con cadenza annuale. I film hanno un tono un po' più avventuroso, dove i vari personaggi vengono calati in situazioni esotiche ed avventurose. Alcuni dei film sono basati su leggende o trame letterarie, altri affrontano temi "seri", in particolare su soggetti ambientalistici e sull'uso della tecnologia.
VIDEOGIOCHI
Sono stati prodotti 65 videogiochi ispirati a Doraemon e pubblicati esclusivamente per il mercato giapponese. I videogiochi sono stati realizzati a partire dal sistema Arcadia 2001 sino ad arrivare ai più moderni Nintendo 3DS. Il personaggio di Doraemon inoltre compare nella popolare serie della Namco Taiko no Tatsujin.
MUSICAL
Butaiban Doraemon Nobita to animal planet è un musical del 2008 basato sul film del 1990 dal titolo omonimo. La storia è la stessa del film originale: Nobita scopre della polvere magica nella propria casa in grado di teletrasportarlo sul pianeta degli animali.
Il musical ha debuttato al Tokyo Metropolitan Art Space il 4 settembre 2008, concludendosi il 14 settembre dello stesso anno.
ACCOGLIENZA
Bus con Doraemon al Museo di Fujiko F. Fujio a Kawasaki.
La serie ha debuttato nel dicembre 1969, pubblicata simultaneamente in sei riviste. In totale, sono state create 1.344 storie nella serie originale, pubblicate dalla Shogakukan per l'etichetta manga Tentōmushi (てんとう虫), per un totale di quarantacinque volumi. I volumi sono raccolti presso la Takaoka Central Library di Toyama, Giappone, dove l'autore è nato. La fine del manga è stata collocata in base all'anno di morte di chi l'ha creato (1996), ma il personaggio è stato riutilizzato anche in seguito per svariate mansioni, come dalla pubblicità alla semplice oggettistica.
La maggior parte delle storie di Doraemon sono commedie che insegnano ai bambini i valori dell'integrità, della perseveranza, del coraggio, della famiglia e del rispetto. Inoltre sono spesso affrontati temi ambientalisti come il surriscaldamento globale, le specie di animali in via di estinzione, il disboscamento e l'inquinamento ed in alcune occasioni sono stati affrontati argomenti didattici come i dinosauri, i viaggi di Gulliver o la storia del Giappone.
Il termine "Doraemon" è ormai un termine di conoscenza comune in tutto il Giappone. Persino i quotidiani fanno regolarmente riferimenti a esso come qualcosa con la capacità di soddisfare tutti i desideri. Anche gli altri personaggi della serie sono frequentemente citati in TV. Alcune riviste hanno usato l'analogia che l'America è il Takeshi del mondo e il Giappone è il suo compagno Suneo. Inoltre è un fenomeno culturale molto diffuso e può essere visto in vari luoghi; ad esempio, Doraemon è utilizzato come carattere promozionale da Art Hikkoshi Center (アート 引越 センター Āto Hikkoshi Sentā), una società, e da Cocos, una catena di ristoranti. I personaggi della serie vengono menzionati anche in diversi anime e manga da altri mangaka.
Il marchio "Doraemon" fa appello anche per la carità, il "Fondo Doraemon".
Il lottatore di sumo Takamisugi è stato soprannominato "Doraemon" per via della sua forte somiglianza con il personaggio.
Alla fine del 2011, Shogakukan e Toyota hanno unito le forze per creare una serie di spot live-action come parte della campagna pubblicitaria della Toyota. Gli spot raffigurano i personaggi quasi 20 anni più vecchi. L'attore di Hollywood Jean Reno interpreta il ruolo di Doraemon.
Doraemon è stato insignito del Japan Cartoonists Association Award per l'eccellenza nel 1973; ha inoltre vinto il Shogakukan Manga Award nella categoria dei fumetti per bambini nel 1982, ed il primo Osamu Tezuka Culture Award nel 1997.
Il 22 aprile 2002, sullo speciale Asian Hero nella rivista Time Magazine, Doraemon è stato selezionato come uno dei 22 eroi asiatici. Essendo l'unico personaggio anime selezionato, Doraemon è stato descritto come "L'eroe più tenero dell'Asia".
Nel 2005 il Taiwan Society of New York ha selezionato Doraemon come significato culturale giapponese otaku della cultura pop nella mostra Little Boy: The Arts of Japan's Exploding Subculture, curata dal famoso artista Takashi Murakami.
Nel marzo 2008, è stato nominato "ambasciatore degli anime nel mondo", dal Ministro degli Esteri giapponese Masahiko Komura per promuovere la cultura e l'industria dell'animazione fuori dal Giappone.
Il 3 settembre 2011 apre a Kawasaki il Museo di Fujiko.F.Fujio, con Doraemon come star del museo.
Il 3 settembre 2012, a Doraemon è stata concessa la residenza ufficiale nella città di Kawasaki, 100 anni prima della sua nascita.




Per oggi è tutto, sayounara
*Checca-chan

martedì 14 ottobre 2014

Parole principali


Parole e frasi usate più comunemente:
Konnichiwa (こんにちは) = ciao
Ohayougozaimasu (おはようございます) = buongiorno
Konbanwa (こんばんわ) = buonasera
Oyasumi nasai (お休み なさい) = buonanotte
Ogenki desuka? (お元気 ですか?) = come stai?
Genki desu (元気 です) = sto bene
Amari genki dewa arimasen (あまり 元気 でわ ありません) = non sto molto bene
Totemo genki desu とても 元気 です() = sto benissimo
Watashi wa genki desu. Anatawa? (私 わ 元気 です。 あなたわ?) = Io sto bene grazie. E tu?
Onamae wa nan desuka? (お名前 わ なん ですか?) = come ti chiami?
Watashi wa ... to iimasu (私 わ 。。。 と 言います) = io mi chiamo ...
Hajimemashite (はじめまして) = piacere di conoscerti
Dochira no syusshin desuka? (どちら の 出身 ですか?) = da dove vieni?
Watashi wa ... syusshin desu (私 わ 。。。 出身 です) = vengo da ...
Oshigoto wa nan desuka? (お仕事 わ なん ですか?) = che lavoro fai?
Gakusei desu (学生 です) = sono uno studente
Kyoushi desu (教師 です) = sono un'insegnante
Dokoni sunde imasuka? (どこに 住んで いますか?) = dove abiti?
Wa doko desuka? (わ どこ ですか?) = dov'è?
Nansai desuka? (何歳 ですか?) = quanti anni hai?
Watashi wa ... sai desu (私 わ 。。。 再 です) = ho ... anni
Eigo o hanasemasuka? (英語 お 話せますか?) = parli inglese?
Sukoshi dake eigo o hanasemasu (少し だけ 英語 お 話せます) = parlo solo un po' d'inglese
Wakarimasen (わかりません) = non capisco
Mou ichido itte kuremasenka? (もう 一度 行って くれませんか?) = puoi ripeterlo?
Mou sukushi yukkuri hanashite kuremasenka? (もう 空くし ゆっくり 話して くれませんか?) = puoi parlare più lentamente?
Tetsudatte kuremasenka? (手伝って くれませんか?) = puoi aiutarmi?
Hai (はい) = si
Iie (いいえ) = no
Douzo (どうぞ) = per favore
Arigatou (ありがとう) = grazie
Douitashimashite (どういたしまして) = prego
Sumimasen (すみません) = scusami
Gomennasai (ごめんなさい) = mi dispiace
Soreja, mata (それじゃ, また) = a presto
Soreja, ashita (それじゃ, 明日) = a domani
Sayounara (さようなら) = arrivederci
You ichinichi o (用 一日 お) = buona giornata

Spero sia stato di vostro interesse, sayounara
*Checca-chan!

lunedì 13 ottobre 2014

Bandiera del Giappone

La bandiera nazionale del Giappone è la bandiera che rappresenta il Paese e, insieme al fiore di crisantemo e all'inno nazionale, costituisce il simbolo nazionale giapponese. Si tratta di una bandiera bianca rettangolare con un grande disco rosso (che rappresenta il Sole) al centro. La bandiera è ufficialmente chiamata Nisshōki (日章旗? “Bandiera del Sole a forma di disco”) in giapponese, ma è più comunemente nota come Hinomaru (日の丸? “Disco solare”).
La bandiera Nisshōki viene designata bandiera nazionale dell'Impero del Giappone ai sensi della Legge sulla bandiera e inno nazionale giapponese, promulgata ed entrata in vigore il 13 agosto 1999, anche se, in mancanza di una legislazione che in precedenza indicasse una bandiera nazionale ufficiale, essa viene considerata la bandiera de facto del Giappone già dal 1870. In quell'anno, infatti, vengono istituiti due bandi che prevedono chiare disposizioni per la progettazione e la realizzazione di una bandiera nazionale. L'uso della Hinomaru viene fortemente limitato nei primi anni dell'occupazione americana dopo la seconda guerra mondiale; tuttavia tali restrizioni diventano col tempo meno severe.
Agli inizi della storia giapponese, il motivo Hinomaru viene utilizzato sulle bandiere di daimyō e samurai. Un antico testo contenuto all'interno dello Shoku Nihongi racconta che l'imperatore Mommu era solito utilizzare una bandiera che rappresentasse il Sole nella sua corte già nell'anno 701, primo uso documentato di una bandiera col Sole nella storia del Giappone. La più antica bandiera esistente viene conservata nel tempio Unpō-ji di Kōshū a Yamanashi, risalente a prima del XVI secolo, donata, secondo un'antica leggenda, dall'imperatore Go-Reizei nell'XI secolo. Durante il Rinnovamento Meiji, sia il disco solare che la bandiera del Sole Nascente della Marina Imperiale Giapponese diventano simboli principali dell'emergente Impero giapponese. Manifesti di propaganda, libri di testo, e film dipingono la bandiera come fonte di orgoglio e patriottismo. Nelle case giapponesi, i cittadini sono tenuti a esporre la bandiera durante le feste nazionali, lutti e altre occasioni, come decretato dal governo. In questi anni per il popolo giapponese la bandiera diventa simbolo di devozione verso il Giappone e l'imperatore, venendo utilizzata sui capi di abbigliamento o per la creazione di piatti ispirati al suo design durante la seconda guerra sino-giapponese e nei successivi conflitti.
L'idea che i giapponesi hanno della bandiera nazionale è soggetta a controversie. Per alcuni giapponesi essa rappresenta il Giappone, e nessun altro simbolo potrebbe prendere il suo posto, tuttavia, la bandiera non viene esposta frequentemente nel Paese nipponico a causa della sua associazione con l'ultranazionalismo. Il suo uso nelle scuole pubbliche, insieme a quello dell'inno nazionale Kimi ga yo, è oggetto di dibattito dalla fine della seconda guerra mondiale (la guerra del Pacifico), e le controversie circa il loro uso hanno portato a proteste e dibattiti. Per gli abitanti di Okinawa, la bandiera simboleggia e ricorda gli eventi della seconda guerra mondiale e la successiva presenza militare degli Stati Uniti d'America nel territorio. Per alcune nazioni occupate dal Giappone in tempo di guerra essa è un simbolo di aggressione e di imperialismo. La Hinomaru è stata usata come strumento contro le nazioni occupate a scopo di intimidazione, affermando il dominio del Giappone. Nonostante le connotazioni negative, fonti occidentali e giapponesi sostengono che la bandiera sia un simbolo potente e duraturo per i giapponesi. Diversi stendardi militari del Giappone sono basati sulla Hinomaru, compreso l'emblema della Marina. Infine, essa funge anche da modello per altre bandiere giapponesi in uso pubblico e privato.
STORIA: ORIGINI
L'origine esatta dell'Hinomaru è sconosciuta, ma il sorgere del Sole in Giappone ha sempre avuto un importante significato simbolico sin dal VII secolo. Nel 607, una missiva ufficiale inviata all'imperatore cinese Sui Yangdi, inizia con la frase «Dall'imperatore del Sole nascente...», questo poiché il Giappone si trova a est del continente asiatico e il Sole sorge a est. Il Giappone d'altronde è spesso identificato come "la terra del Sol levante". Il Sole è anche strettamente legato alla famiglia imperiale, e come afferma la leggenda, il trono imperiale discenderebbe dalla dea del Sole Amaterasu.
Storicamente le bandiere, gli emblemi e i vessilli godevano di grande importanza in Giappone, venendo utilizzati come simboli di riconoscimento, soprattutto in battaglia; per lo più si trattava di stendardi o gonfaloni raffiguranti il mon (stemma di famiglia) dei signori daimyō. I membri della famiglia di quest'ultimo, come il figlio, il padre o il fratello utilizzavano invece bandiere differenti da portare in guerra. Le bandiere erano poste sulla schiena dei soldati inviati in battaglia e anche i generali ne usufruivano, con sostanziali differenze rispetto a quelle dei soldati semplici, soprattutto nella forma e nelle dimensioni.
I primi riferimenti all'utilizzo di bandiere in Giappone si trovano nelle cronache cinesi le quali descrivono i messaggeri giapponesi brandenti stendardi gialli e bandiere di seta dorata. Una delle più antiche bandiere del Giappone, risalente almeno al XVI secolo, si trova al tempio Unpo-ji nella prefettura di Yamanashi. La leggenda narra che essa venne donata a Minamoto no Yoshimitsu dall'imperatore Go-Reizei e successivamente conservata come un tesoro di famiglia dal clan Takeda per i successivi mille anni.
PERIODO HEIAN, KAMAMURA E MUROMACHI
Nel tardo periodo Heian, caratterizzato da numerosi conflitti quali le guerra Genpei e le guerre civili di Hogen e Heiji, veniva utilizzata una bandiera chiamata hata-jirushi (旗印?) come segno di riconoscimento per gli eserciti samurai. Essa era costituita da una serie di bandiere più piccole appese lungo un'asta orizzontale collegata al pennone. Era un segno distintivo utilizzato sia dai membri del clan Taira sia dai membri del clan Minamoto, protagonisti della guerra Genpei, e secondo alcune fonti come l'Heike Monogatari (opera del XII secolo che narra la lotta tra i due clan) la Hinomaru compare disegnata nei loro ventagli da combattimento.
Un'altra leggenda sull'origine della Hinomaru è attribuita al sacerdote buddista Nichiren. Presumibilmente, nel corso del XIII secolo, durante l'invasione mongola, Nichiren fece dono allo shōgun di uno stendardo da portare in battaglia su cui è raffigurato il Sole. In quest'epoca si possono trovare inoltre le prime testimonianze scritte dell'utilizzo delle prime bandiere nella storia del Giappone, grazie all‘Ekotoba Shurai Moko, una pergamena scritta da Takezaki Suneaga che riporta il numero e le caratteristiche degli eserciti impegnati nel conflitto contro i mongoli.
Nel frattempo, per legittimare il proprio dominio, gli shōgun Ashikaga, discendenti dal clan Minamoto, utilizzavano una bandiera raffigurante il dio della guerra Hachiman, e Yoshikuni Minamoto, il primo a entrare a far parte del clan Ashikaga, la adottò come emblema personale. Yoshiaki Ashikaga, ultimo shōgun Ashikaga, riprese questa bandiera e vi affiancò la Hinomaru, mentre Shigeuji Ashikaga, membro di un ramo cadetto della famiglia, creò il proprio vessillo unendo il suo mon alla bandiera Hinomaru.
PERIODO SENGOKU E AZUCHI-MOMOYAMA
Durante il periodo Sengoku, l'individuazione delle truppe amiche tramite l'uso di bandiere di identificazione e la segnalazione per mezzo di queste fece crescere l'importanza di tale strumento. Questo periodo vide anche la diffusione di striscioni stretti e lunghi chiamati nobori (幟?), i quali venivano fissati a delle aste orizzontali e utilizzati in pari alle hata-jirushi.
Takeda Shingen, uno dei daimyō più importanti di questo periodo era solito utilizzare la Hinomaru e una di queste è ancora conservata nel Museo Takeda, nel tempio Erin di Kōfu. Nello stesso periodo, anche il rivale di Shingen, Uesugi Kenshin, utilizzò la bandiera.
Tra i daimyō di questo periodo che fanno uso del disco solare come proprio simbolo si ricorda Tadatsugu Sakai, che la incorporò al suo uma-jirushi (馬印?), e Date Masamune, spesso raffigurato con un sashimono (指物?) raffigurante un disco solare. Toyotomi Hideyoshi uno dei "grandi unificatori del Giappone", era solito portare il simbolo del disco solare nelle sue navi durante le invasioni della Corea, mentre Tozawa Masamori, alleato di Tokugawa Ieyasu, per i suoi messaggeri utilizzava un sashimono costituito da un disco rosso disegnato al centro di uno sfondo azzurro.
SHOGUNATO TOKUGAWA
Nel 1600, il Paese si divise in due fazioni che si sfidarono nella battaglia di Sekigahara. Questo conflitto vide vincitore Tokugawa Ieyasu, il quale nello stesso anno istituì lo shogunato Tokugawa ordinando alle navi giapponesi di issare sui propri alberi la Hinomaru, scelta come insegna navale dell'epoca. Durante questo periodo venne istituita una politica conosciuta come sakoku, che limitava la comunicazione e il commercio con gli altri Paesi, in particolare con le potenze straniere. Il confinamento si concluse nel 1853, quando il Commodoro Matthew Perry costrinse il Giappone a riaprire le sue frontiere, episodio ricordato come l'avvento delle "navi nere". Un anno dopo, nel 1854, il governo ordinò a tutte le navi giapponesi di fregiarsi della Hinomaru in modo da distinguersi dalle imbarcazioni straniere. Prima di allora, non vi erano direttive su quali bandiere utilizzare sulle navi commerciali durante le negoziazioni con gli americani e i russi.
RESTAURAZIONE MEIJI
L'atteggiamento assunto dallo shogunato contro le potenze straniere portò all'insoddisfazione dei vari gruppi sociali, i quali auspicavano a un ritorno della politica dell'imperatore, declassato a occuparsi solo di questioni religiose da diversi secoli. La situazione degenerò nella guerra Boshin, portando alla successiva caduta dell'ultimo shogun Tokugawa. È interessante notare che, nel corso di tale conflitto, sia gli alleati di guerra dello shogunato che i sostenitori dell'imperatore utilizzavano la bandiera Hinomaru come proprio simbolo. L'imperatore riprese il controllo del governo del Paese e avviò un processo di modernizzazione: due proclami del 1870, effettuati dal Consiglio di Stato (Daijō-kan), l'organo di governo all'inizio dell'era Meiji, prevedevano chiare disposizioni per la progettazione e la realizzazione di una bandiera da adottare quale simbolo nazionale. La bandiera con il disco solare venne adottata dalle navi mercantili nazionali dopo il proclama n. 57 del terzo anno dell'era Meiji (pubblicato il 27 febbraio 1870) e dalla marina militare dopo il proclama n. 651 del terzo anno dell'era Meiji (27 ottobre 1870) diventando così la prima bandiera nazionale adottata dal Giappone. Un anno dopo, le responsabilità legislative ricaddero sulla Camera di sinistra (Sa-in) mentre, nel 1885, il Consiglio di Stato venne sostituito dal Consiglio dei Ministri (Naikaku): tali cambiamenti nella struttura politica comportarono che tutte le leggi precedenti non pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale venissero abrogate. A causa di questa sentenza da parte del nuovo governo, la Hinomaru divene la bandiera nazionale de facto poiché nessuna legge rimase in vigore dopo la Restaurazione Meiji.
Mentre l'idea di disporre di simboli nazionali identificativi risultava ancora inusuale per i giapponesi, il Governo Meiji necessitava di essi per comunicare con il mondo esterno. È di questo periodo, infatti, l'instaurazione di ulteriori simboli che rappresentassero l'identità giapponese, quali l'inno Kimi ga yo e il sigillo imperiale. Venne istituito anche lo shintoismo di Stato, mediante il quale si cercò di dare un'impronta di unità nazionalista supportata dai credi dello shintoismo. Tra le altre misure, venne introdotto un nuovo calendario che prevedeva cinque festività principali all'anno (gosekku), e per le nuove celebrazioni, il governo fece pressione al popolo affinché fosse usata la Hinomaru in queste date, anche attraverso una coercizione da parte della polizia.
IMPERIALISMO GIAPPONESE E LA GUERRA DEL PACIFICO
L'importanza e la diffusione della bandiera nazionale aumentava quale effetto della crescita della potenza dell'Impero del Giappone, venendo sovente utilizzata nei festeggiamenti dopo le vittorie nelle prime guerre sino-giapponese e russo-giapponese. Un film di propaganda giapponese del 1934 ritrae le bandiere nazionali straniere raffigurate in modo errato o incompleto, mentre la bandiera giapponese è perfetta in tutte le sue forme. Nel 1937, un gruppo di ragazze della prefettura di Hiroshima mostrarono solidarietà ai soldati giapponesi impegnati in Cina durante la seconda guerra sino-giapponese preparando dei cosiddetti "pasti-bandiera", ovvero degli umeboshi al centro di un letto di riso. Lo Hinomaru-bento divenne in quel periodo il principale simbolo della mobilitazione bellica del Giappone e della solidarietà verso i suoi soldati fino al 1940.
Le prime vittorie giapponesi nella guerra sino-giapponese videro la Hinomaru nuovamente utilizzata per le celebrazioni. Veniva tenuta in mano da ogni giapponese e sventolata durante le sfilate.
La Hinomaru comparve anche nei libri del periodo, insieme a slogan inneggianti all'imperatore e al Paese. Il patriottismo veniva inculcato come una virtù ai bambini giapponesi. Tali manifestazioni, come ad esempio l'esposizione della bandiera o la venerazione quotidiana dell'imperatore, erano i comportamenti da seguire per essere considerato un "buon giapponese".
Durante la seconda guerra mondiale la bandiera era vista come uno strumento simbolo dell'imperialismo giapponese dell'epoca nelle zone occupate del Sud-est asiatico poiché i cittadini erano obbligati a esporre la bandiera e gli scolari a cantare l'inno nelle cerimonie mattutine di sensibilizzazione. Tuttavia, in alcune zone come le Filippine, l'Indonesia, e Manchukuo, veniva permesso di esporre anche le bandiere locali. In alcune colonie come la Corea, la Hinomaru e altri simboli venivano utilizzati per relegare i coreani alla seconda classe dell'impero. Per i giapponesi dell'epoca, la Hinomaru era la "bandiera del Sol Levante che illumina le tenebre del mondo intero", per gli occidentali, equivale a uno dei simboli rappresentanti la potenza militare giapponese.
OCCUPAZIONE AMERICANA
La Hinomaru, bandiera de facto per tutta la seconda guerra mondiale e il periodo di occupazione, subì delle rigide restrizioni sul suo utilizzo durante l'occupazione americana, necessitando dell'autorizzazione del Comandante supremo delle forze alleate per essere esposta e issata liberamente. Le fonti differiscono sulla misura in cui ne fu limitato l'uso: alcune di esse riportano il termine "proibita", tuttavia, benché le restrizioni inizialmente fossero pesanti, non costituivano un vero e proprio divieto. A causa di ciò, anche dopo la seconda guerra mondiale, e per tutta la duratura dell'occupazione statunitense, venivano utilizzati dei vessilli per identificare le navi civili giapponesi dall'Autorità di controllo navale di spedizione per la marina mercantile giapponese, ispirati alle bandiere del codice internazionale nautico. Per le navi giapponesi veniva utilizzata una versione modificata della E. Per identificare le navi americane operanti nelle acque giapponesi viene invece utilizzata una versione modificata della O.
Il 2 maggio 1947, il Generale Douglas MacArthur eliminò le restrizioni sulla esposizione della Hinomaru per il parco del Palazzo della Dieta Nazionale, il Palazzo Imperiale, la Residenza del Primo Ministro e per il Palazzo della Corte Suprema, come conseguenza della ratifica della nuova Costituzione del Giappone. Le restrizioni vennero ulteriormente ammorbidite nel 1948, quando ai cittadini venne permesso di esporre la bandiera nei giorni festivi. Nel gennaio 1949, le restrizioni vennero abolite definitivamente: chiunque poteva esporre la Hinomaru in qualsiasi momento. Di conseguenza, le scuole e le case vennero incoraggiate a esporla, e questo avvenne fino ai primi anni del 1950.
DAL DOPOGUERRA AGLI ANNI NOVANTA
Fin dalla seconda guerra mondiale, la bandiera del Giappone aveva subito aspre critiche per la sua associazione con il passato militarista del Paese. Obiezioni analoghe vennero sollevate anche contro l'inno nazionale attuale, Kimi ga yo. I sentimenti negativi verso la Hinomaru e Kimi ga yo costrinsero il Paese nipponico a un generale cambiamento di pensiero, passando dal forte sentimento patriottico incentrato sul Dai Nippon (Grande Giappone) a un più pacifista e antimilitarista Nihon. A causa di questo cambiamento ideologico, la bandiera venne utilizzata raramente durante il secondo dopoguerra, nonostante le restrizioni fossero già state revocate dal CSFA nel 1949.
Una volta che il Giappone cominciò a ristabilirsi diplomaticamente, la Hinomaru venne utilizzata come arma politica all'estero. Durante una visita da parte dell'Imperatore Hirohito e dell'Imperatrice Kojun nei Paesi Bassi, la Hinomaru venne bruciata dai cittadini olandesi chiedendo che l'imperatore venisse ricacciato in Giappone o processato per la morte dei prigionieri di guerra olandesi durante la seconda guerra mondiale. Sul fronte interno, veniva preferita la bandiera rossa, simbolo di rivolta, utilizzata dai sindacati e manifestanti per le proteste contro le negoziazioni per un nuovo Status of Forces Agreement tra Stati Uniti e Giappone.
La Hinomaru e l'inno nazionale crearono polemiche ancora una volta quando Tokyo ospitò i Giochi Olimpici estivi del 1964. Le dimensioni del disco solare della bandiera vennero modificate prima dell'inizio dei Giochi, poiché il disco solare faticava a spiccare quando veniva esposto insieme ad altre bandiere nazionali. Tadamasa Fukiura, specialista di vessillologia, scelse di impostare il disco solare a 2/3 della lunghezza della bandiera. Fukiura scelse inoltre i colori della bandiera per il 1964 così come nel 1998 per le Olimpiadi invernali di Nagano.
Alla morte dell'Imperatore Hirohito, avvenuta nel 1989, vennero sollevate ancora una volta questioni morali sulla bandiera nazionale. I conservatori ritenevano che se fosse stata utilizzata durante le cerimonie senza riaprire ogni volta vecchie ferite, si sarebbe avuta la possibilità di proporla come bandiera nazionale evitando ogni tipo di contestazione sul suo significato. Durante i sei giorni di lutto nazionale, le bandiere vennero portate a mezz'asta o drappeggiate in un pavese nero in tutto il Giappone. Nonostante alcuni atti vandalici ai suoi danni il giorno del funerale dell'imperatore da parte di manifestanti, il diritto di esporla a mezz'asta nelle scuole senza riserve venne fatto rispettare dagli stessi conservatori.
DAL 1999 A OGGI
La legge sulla Bandiera e Inno Nazionale venne approvata nel 1999, scegliendo la Hinomaru e il Kimi ga yo come simboli nazionali del Giappone. La promulgazione della legge avvenne in seguito al suicidio del preside di una scuola superiore di Sera, a Hiroshima, Toshihiro Ishikawa, che non riusciva a risolvere una controversia tra il suo consiglio di istituto e i suoi insegnanti sull'uso della bandiera e dell'inno.
Nel 2000 il Primo Ministro Keizo Obuchi del Partito Liberal Democratico decise di elaborare una normativa in modo da rendere la Hinomaru e il Kimi ga yo simboli ufficiali del Giappone. Il suo Segretario Generale di Gabinetto, Hiromu Nonaka, spinse affinché la legislazione fosse completata per il 10º anniversario dell'incoronazione di Akihito a imperatore.
Il disegno di legge venne sostenuto principalmente dal Partito Liberale e dal Komeitō (Partito del Governo Pulito), mentre dell'opposizione facevano parte il Partito socialdemocratico e il Partito Comunista, i quali associavano ancora entrambi i simboli al significato risalente all'epoca della guerra. Altre polemiche scaturirono dal fatto di non aver permesso che la questione fosse decisa tramite un pubblico referendum, mentre il Partito Democratico del Giappone non riuscì a ottenere un consenso unanime tra le sue fila sulla questione. Il presidente Naoto Kan dichiarò che il partito aveva il dovere di supportare il disegno di legge poiché esso aveva già riconosciuto entrambi i simboli come i simboli del Giappone. Il Vice Segretario Generale e futuro primo ministro Yukio Hatoyama dichiarò che il disegno di legge in questione avrebbe potuto causare ulteriori divisioni tra la società e le scuole pubbliche.
La Camera dei Rappresentanti approvò la proposta il 22 luglio 1999, con 406 voti a favore e 86 contrari. La legislazione venne inviata alla Camera dei Consiglieri il 28 luglio, venendo approvata il successivo 9 agosto. Venne proclamata legge il 13 dello stesso mese. Tentativi da parte del Partito Democratico durante la votazione in modo che solo la bandiera Hinomaru fosse ufficialmente nominata come simbolo vennero respinti dalla Dieta.
L'8 agosto 2009, causò polemiche una fotografia scattata durante una riunione del Partito Democratico durante le elezioni generali per la Camera dei Rappresentanti in cui si intravedeva uno striscione appeso al soffitto, formato da due bandiere Hinomaru tagliate e ricucite insieme, e scelto come logo dal partito. Il fatto suscitò indignazione tra i membri del Partito Liberale e il Primo Ministro Taro Aso giudicò l'atto imperdonabile. In risposta, il presidente del Partito Democratico, Yukio Hatoyama (che aveva votato a favore della legge sulla bandiera e l'inno), si giustificò dichiarando che il logo non aveva nulla a che fare con la bandiera Hinomaru, non avendo nessuno motivo per essere associato a essa.
DESIGN
Il proclama n. 57 passato nel 1870 prevede due importanti disposizioni: la prima indica in quali occasioni e in che modo la bandiera possa essere esposta, la seconda specifica le sue caratteristiche estetiche e il modo in cui debba essere realizzata. La proporzioni iniziali sono di sette unità in altezza e dieci unità in larghezza (7:10). Il disco rosso, che rappresenta il Sole, è posto al centro della bandiera e ha un diametro di 3/5 rispetto alla sua altezza, mentre la distanza è di 1/100 rispetto al pennone. Il 3 ottobre dello stesso anno vengono approvate altre norme riguardo alla progettazione di bandiere ad uso mercantile e navale[60]. La bandiera mercantile ha una proporzione di due unità per tre (2:3), mentre le dimensioni del disco rimangono immutate, con la differenza di una distanza minore (1/20) dal pennone.
Con l'approvazione della legge sulla Bandiera e Inno Nazionale le dimensione della bandiera subiscono sostanziali modifiche. Si passa a una proporzione di due unità in altezza e tre unità in larghezza (2:3), mentre il disco viene posto esattamente al centro, pur non subendo modifiche alle dimensioni. I colori ufficiali della bandiera sono il bianco per lo sfondo e il rosso (紅色 beni hiro?) per il disco, ma l'esatta tonalità dei colori viene definita nelle legge del 1999[1]. L'unica specificazione riguarda il colore rosso, il quale deve avere una tonalità “profonda”.
I colori ufficiali vengono definiti dall'Agenzia di Difesa Giapponese (ora Ministero della Difesa) nel 1973, usando per il colore rosso il 5R 4/12 e per il bianco l'N9 del sistema dei colori Munsell. Il documento viene modificato il 21 marzo 2008, in modo che la sua realizzazione corrisponda all'attuale legislazione, aggiornando inoltre i colori Munsell. Il documento prevede fibra acrilica e nylon per la realizzazione delle bandiere militari. Per l'acrilico il colore rosso è il 5.7R 3.7/15.5 e il bianco è il N9.4; il nylon prevede il 4/15.2 per il rosso e il N9.2 per il bianco[62]. In un documento emanato dall'Aiuto pubblico allo sviluppo (APS), per il colore rosso della Hinomaru e del logo dell'organizzazione viene scelto il 156 del sistema DIC e lo 0-100-90-0 del sistema CMYK. Durante le delibere sulla Legge sulla Bandiera e Inno Nazionale Giapponese, viene proposto di utilizzare un rosso brillante (赤色 aka iro?) o un colore in accordo agli Japanese Industrial Standards.
USI E COSTUMI
Con l'introduzione della Hinomaru, il governo impose ai cittadini di rendere omaggio all'imperatore attraverso l'utilizzo della bandiera nelle manifestazioni pubbliche, causando inizialmente risentimento e proteste tra la popolazione. Occorre del tempo prima che la cittadinanza inizi ad accettare la bandiera quale simbolo nazionale.
Durante la seconda guerra mondiale si diffuse l'usanza tra amici, compagni di classe e familiari di un soldato di firmare una Hinomaru e fargliene dono, in segno di buon auspicio, in modo che egli potesse tornare sano e salvo dal fronte. Il termine utilizzato per questo portafortuna è Hinomaru Yosegaki (日の丸寄せ書き?), e la tradizione dice che nessuna firma sulla bandiera debba essere posta sul disco solare. Inoltre si perpetua l'usanza, durante i conflitti, di sottrarre ai soldati giapponesi deceduti in battaglia tali bandiere, alla stregua di veri e propri souvenir, anche se negli anni successivi esse vennero restituite ai discendenti dei legittimi proprietari.
L'usanza di firmare la Hinomaru come portafortuna esiste ancora oggi, ma in modo più limitato rispetto al passato. Se ne possono trovare ancora degli esempi durante le manifestazioni sportive, usate per dare supporto ai vari team nazionali giapponesi. Un altro esempio è la hachimaki, una bandana di colore bianco con un disco rosso al centro in corrispondenza della fronte. Durante la seconda guerra mondiale, le frasi "vittoria sicura" (必勝 hisshō?) o "sette vite" appaiono scritte sulle hachimaki, venendo spesso utilizzate dai piloti kamikaze, a significare il fatto che fossero disposti a morire per il proprio Paese.
Nel periodo antecedente la seconda guerra mondiale, i cittadini giapponesi erano obbligati a esporre la bandiera nei giorni festivi. Dopo il conflitto, l'obbligo venne circoscritto agli edifici governativi, come ad esempio i municipi, e raramente viene esposta nelle abitazioni private o negli edifici commerciali, nonostante alcuni cittadini e aziende continuassero a esporla durante le feste. Benché il governo del Giappone incoraggiasse i cittadini a esporre la bandiera durante le celebrazioni nazionali, essi non erano legalmente obbligati a farlo. Dall'80º Compleanno dell'Imperatore, il 23 dicembre 2002, la Kyushu Railway Company espone la Hinomaru in 330 stazioni del Paese.
PERCEZIONE ATTUALE
Dai sondaggi effettuati dai principali media nazionali risulta che i giapponesi percepiscono la bandiera del Giappone come bandiera nazionale già da prima del passaggio della legge sulla Bandiera e Inno Nazionale nel 1999. Nonostante questo, polemiche e controversie sul suo utilizzo per eventi scolastici o mediatici resistono ancora. Per esempio, i quotidiani liberali Asahi Shimbun e Mainichi Shimbun non lesinano critiche alla bandiera nei propri articoli, riflettendo lo spettro politico dei loro lettori.
Un altro motivo di dibattito riguarda il caso di esporre o meno la bandiera nelle abitazioni private e negli edifici commerciali. A causa dell'associazione della Hinomaru agli attivisti della uyoku dantai (destra), ai reazionisti e al teppismo, alcuni cittadini si rifiutano di esporla nelle proprie case o nei propri esercizi commerciali. Per altri giapponesi essa rappresenta la soppressione della democrazia nel periodo imperiale del Giappone.
Una percezione negativa del simbolo nazionale è comune nelle ex colonie del Giappone così come all'interno dello stesso Paese, come nel caso di Okinawa. Un primo esempio si verificò il 26 ottobre 1987, quando il proprietario di un supermercato locale, Shoichi Chibana, bruciò una bandiera prima dell'inizio del National Sports Festival of Japan, in segno di protesta contro le atrocità commesse dalle forze armate del Giappone e la presenza delle forze americane, ma anche per evitare che la bandiera venisse esposta in pubblico. Tra gli altri avvenimenti verificatisi a Okinawa si ricordano gli incidenti durante una cerimonia scolastica, durante la quale alcuni studenti si rifiutarono di rendere gli onori alla bandiera mentre questa veniva issata sulle note del Kimi ga yo.
In Cina e in Corea del Sud, due Paesi occupati durante l'Impero del Giappone, l'adozione della Hinomaru come bandiera nazionale viene vista come un passo del Paese verso la destra politica e la re-militarizzazione. L'approvazione della legge nel 1999 coincide con numerosi dibattiti sulle visite dei politici al Santuario Yasukuni, sulla cooperazione militare con gli Stati Uniti e sulla creazione di una difesa missilistica. In altri Paesi occupati dal Giappone, la legge è ststa accettata con reazioni contrastanti o semplicemente è passata inosservata. A Singapore le generazioni più anziane nutrono ancora reazioni avverse verso la bandiera, mentre le più giovani non condividono lo stesso pensiero. Il governo filippino dimostra il proprio scetticismo sul ritorno del governo giapponese al militarismo, aggiungendo che l'obiettivo della legge del 1999 sia formalmente l'istituzione di due simboli, la bandiera e l'inno, e che ogni Stato possieda il diritto di creare i propri simboli nazionali.
In Giappone non esiste nessuna pena contro il vilipendio alla bandiera, tuttavia viene punito quello ai danni di una bandiera straniera se ciò avviene all'interno del territorio nazionale.
PROTOCOLLO
Secondo il protocollo, la bandiera può essere esposta dall'alba fino al tramonto; le imprese commerciali e le scuole sono autorizzate a esporla dall'orario d'apertura fino all'orario di chiusura. Quando la bandiera del Giappone viene esposta insieme a una di un altro Paese, la prima prende la posizione d'onore, mentre quella del Paese ospite sventola alla sua destra. Entrambe le bandiere devono essere alla stessa altezza e delle stesse dimensioni. Nel caso sia presente più di una bandiera straniera, esse vengono disposte secondo l'ordine alfabetico prescritto dalle Nazioni Unite. Quando una bandiera diventa inutilizzabile per il suo scopo, questa viene generalmente bruciata in luogo privato. La legge sulla Bandiera e Inno Nazionale non specifica quali onori debbano essere rivolti alla bandiera e all'inno, e ogni prefettura utilizza le proprie regole per quanto riguarda la Hinomaru e le altre bandiere prefettizie. Pertanto, non è obbligatorio che tutti i presenti a una cerimonia stiano in piedi in segno di rispetto e cantino l'inno.
La bandiera Hinomaru ha almeno due modi di essere esposta nelle occasioni di lutto nazionale. Il primo consiste nell'issare la bandiera a mezz'asta (半旗 han-ki?), pratica utilizzata nella maggior parte degli altri Paesi. Gli uffici del Ministero degli Affari Esteri issano le proprie bandiere a mezz'asta in occasione di un funerale di un capo di Stato straniero. Il secondo modo consiste nell'issarla coprendo la sfera all'estremità del pennone con un panno nero e inserire un nastro dello stesso colore sopra di essa. Questa usanza viene chiamata chō-ki (弔旗? "bandiera a lutto") e risale al 30 luglio 1912: dopo la morte dell'Imperatore Meiji il Consiglio emise un'ordinanza la quale prevede che la bandiera debba essere issata a lutto in questo modo alla morte dell'imperatore[86]. In aggiunta il Consiglio può decidere l'innalzamento delle bandiere a mezz'asta.
SCUOLE PUBBLICHE
Dopo la fine della seconda guerra mondiale, il Ministero della Pubblica Istruzione emanò specifici regolamenti per promuovere l'uso della Hinomaru e del Kimi ga yo nelle scuole sotto la propria giurisdizione. La prima di queste dichiarazioni venne rilasciata nel 1950, e affermava come fosse auspicabile, ma non obbligatorio, utilizzare entrambi i simboli. Questa richiesta venne successivamente estesa all'uso di entrambi i simboli nei giorni festivi e durante le manifestazioni cerimoniali, al fine di incoraggiare gli studenti a imparare il significato di queste celebrazioni. In una riforma scolastica del 1989, il governo, con al potere il Partito Liberale Democratico, ordinò che entrambi i simboli venissero pubblicamente onorati durante le cerimonie ufficiali scolastiche[88]. Vennero anche istituite punizioni esemplari per gli ufficiali scolastici rifiutatisi di seguire gli ordini della riforma.
Nel 1999, subito dopo il passaggio della Legge sulla Bandiera e Inno Nazionale, il Ministero della Pubblica Istruzione emanò una linea guida per il programma scolastico (学習指導要領 Gakushu shido yōryō?) la quale stabilì che «durante le cerimonie di diploma, le scuole sono tenute a issare la bandiera del Giappone e di istruire gli studenti a cantare il Kimi ga yo, data l'importanza della bandiera e della canzone». Inoltre, un'ulteriore precisazione del ministero sull'orientamento dello stesso anno per le scuole elementari mise in evidenza che «dato l'avanzamento dell'internazionalizzazione, sovrapposta all'adozione del patriottismo e alla consapevolezza di essere giapponese, è importante alimentare il rispettoso atteggiamento dei bambini della scuola verso la bandiera del Giappone e il Kimi ga yo in modo che essi crescano fieri di essere cittadini giapponesi in una società internazionalizzata». Il ministero si giustificò spiegando quanto fosse fosse importante per gli studenti giapponesi rispettare i propri simboli, in modo che essi possano essere in grado di rispettare i simboli delle altre nazioni.
Le scuole in Giappone sono al centro di numerosi dibattiti e controversie per quanto riguarda l'uso della bandiera nazionale e dell'inno. Il Consiglio della Pubblica Istruzione di Tokyo esige l'utilizzo di entrambi i simboli durante le cerimonie ufficiali nelle scuole sotto la propria giurisdizione. Nel caso gli insegnanti si rifiutino di seguire queste linee guida possono andare incontro al licenziamento. Molti di essi dichiarano che queste leggi violino la Costituzione, ma il Consiglio sostiene che, essendo le scuole agenzie governative, i dipendenti hanno l'obbligo di insegnare ai propri studenti come essere dei bravi cittadini giapponesi. Come segno di protesta alcune scuole si sono rifiutate di esporre la Hinomaru durante le cerimonie di diploma e alcuni genitori si sono resi protagonisti di gesti vandalici contro di essa. Gli insegnanti hanno proposto, senza successo, azioni legali contro il Governatore di Tokyo Shintarō Ishihara, per averli obbligati a rendere onore alla bandiera e all'inno nazionale. Dopo queste prime opposizioni, la Unione degli Insegnanti del Giappone accetta ora l'uso della Hinomaru e del Kimi ga yo, mentre la più piccola Unione di tutti gli Insegnanti e Personale Scolastico del Giappone rifiuta ancora l'uso di entrambi i simboli all'interno del sistema scolastico.
ALTRE BANDIERE: BANDIERE MILITARI
Le Forze di autodifesa e le Forze di autodifesa terrestri giapponesi utilizzano una versione della bandiera col disco solare chiamata Hachijō-Kyokujitsuki (八条旭日旗?) e caratterizzata da otto raggi solari rossi che partendo dal disco si espandono fino alle sue estremità. Infine, un bordo dorato riveste parzialmente il suo contorno.
Una ben nota variante della bandiera col disco solare è caratterizzata da sedici raggi solari rossi in una formazione a stella Siemens, utilizzata storicamente dai militari del Giappone, in particolare dall'Esercito Imperiale Giapponese. L'insegna, conosciuta in giapponese come Jyūrokujō-Kyokujitsu-ki (十六条旭日旗? "Bandiera del Sole Nascente") venne adottata come bandiera di guerra il 15 maggio 1870, mentre una versione leggermente differente entrò in vigore nel 1889 (ad uso dalla Marina Imperiale Giapponese) venendo utilizzate fino alla fine della seconda guerra mondiale nel 1945[95]. Quest'ultima versione venne nuovamente adottata dal 1954, ed è attualmente utilizzata della Forza di autodifesa marittima. Nei Paesi circostanti, precedentemente facenti parte dell'Impero del Giappone, questa bandiera possiede ancora una connotazione negativa.
La Forza di autodifesa marittima impiega anche l'uso di una fiamma. Adottata una prima volta nel 1914 e poi ripresa nuovamente nel 1965, la fiamma contiene una versione semplificata del vessillo navale in prossimità dell'inferitura, con il resto del gagliardetto di colore bianco. La proporzione della bandierina è tra 1:40 e 1:90.
L'aeronautica militare del Giappone (nota anche con l'acronimo inglese JASDF), diventata indipendente nel 1952, ha come proprio emblema un semplice disco solare rosso. Questo è l'unico ramo della milizia giapponese ad aver un simbolo che non richiami direttamente i raggi dell'emblema principale. Tuttavia l'aeronautica utilizza anche un'altra insegna per il volo all'interno delle basi o durante le esibizioni. L'insegna risale al 1972, ed è il terzo simbolo della storia della JASDF dalla sua formazione. L'emblema contiene il simbolo dell'aeronautica giapponese centrato su uno sfondo azzurro.
Benché non si tratti di una bandiera nazionale ufficiale, anche la bandiera con il segnale Z ricopre un ruolo importante nella storia navale giapponese. Il 27 maggio 1905, l'ammiraglio Togo Heihachiro della Mikasa si preparava ad ingaggiare battaglia con la flotta russa del Baltico. Prima dell'inizio della battaglia di Tsushima, Togo issò la bandiera Z sulla Mikasa, sconfiggendo la flotta russa e vincendo la battaglia per il Giappone. Durante l'innalzamento della bandiera l'equipaggio pronuncia le seguenti parole: «Il destino del Giappone imperiale è nelle nostre mani in questa decisiva battaglia, ognuno di noi si impegnerà e farà del proprio meglio». La bandiera Z venne issata anche sulla portaerei Akagi, alla vigilia dell'attacco giapponese a Pearl Harbor, nelle Hawaii, nel dicembre 1941.
BANDIERE IMPERIALI
A partire dal 1870 vennero create delle apposite bandiere per l'Imperatore (allora l'imperatore Meiji) l'Imperatrice, e per tutti gli altri membri della famiglia imperiale. Inizialmente, la bandiera dell'imperatore era composta da un Sole posto al centro di uno sfondo a rombi. Vennero utilizzate bandiere differenti per l'uso a terra, in mare o per i viaggi in carrozza. Quest'ultima era caratterizzata dalla presenza di un fiore di crisantemo monocolore di sedici petali, posto al centro di uno sfondo monocolore. Queste bandiere vennero utilizzate fino al 1889, quando l'Imperatore decise di utilizzare il crisantemo su sfondo rosso come unica bandiera. Con piccole differenze di sfumature dei colori e di proporzioni, le bandiere adottate nel 1889 vengono tuttora utilizzate dalla famiglia imperiale giapponese.
L'attuale bandiera dell'Imperatore è costituita da un crisantemo dorato di sedici petali posto al centro di uno sfondo rosso; le proporzioni sono di due unità in altezza e tre di lunghezza (2:3). L'Imperatrice utilizza la stesso simbolo, ma esso è a forma di coda di rondine. Il principe e la principessa ereditari utilizzano la medesima bandiera, le differenze consistono soltanto in un crisantemo leggermente più piccolo e un orlo bianco al centro. Il crisantemo venne associato al trono imperiale dal regno dell'imperatore Go-Toba già nel XII secolo, non diventando tuttavia l'esclusivo simbolo del trono imperiale fino al 1868.
BANDIERE PREFETTIZIE
Ognuna delle 47 prefetture del Giappone ha una propria bandiera ispirata a quella nazionale, in quanto costituite da un simbolo (mon) applicato su uno sfondo monocolore (ad eccezione della bandiera di Ehime, che utilizza una sfondo a due colori). Tra le tante bandiere diverse, quella della Hiroshima, per esempio, mantiene le stesse caratteristiche della Hinomaru (rapporto di 2:3 e mon posto al centro e a 3/5 della lunghezza della bandiera). Alcuni mon riprendono il nome della prefettura in caratteri giapponesi, altri sono rappresentazioni stilizzate del luogo o di altre caratteristiche particolari della prefettura. Un esempio di quest'ultima è la bandiera di Nagano, dove il carattere arancione in katakana ナ (na) appare al centro di un disco bianco. Un'interpretazione del mon è che il simbolo na rappresenterebbe una montagna e il disco bianco, un lago; il colore arancione rappresenterebbe il Sole mentre il colore bianco la neve della regione.
Anche le municipalità hanno a disposizione delle proprie bandiere. I disegni su di esse sono simili quelli delle bandiere prefettizie: un mon su uno sfondo monocolore. Ad esempio, la bandiera di Amakusa, nella Prefettura di Kumamoto, è costituita dal simbolo della città formato dal carattere katakana ア (a), circondato da delle onde stilizzate[108]. Il simbolo è posto al centro di una bandiera bianca, con un rapporto di 1:1,5. Sia l'emblema della città che la bandiera sono stati adottati nel 2006.
DERIVATE
Oltre a quelle utilizzate dai militari, anche diverse altre bandiere e loghi prendono ispirazione dalla bandiera nazionale. Il vecchio logo della Nippon Yūsei Kōsha (Servizio postale del Giappone) era formato dalla Hinomaru più una barra bianca che la attraversava orizzontalmente, con un sottile anello bianco attorno al disco rosso. La bandiera è stata poi sostituita dal logo postale 〒 rosso su uno sfondo bianco.
Inoltre, due bandiere nazionali di recente progettazione assomigliano a quella giapponese. Nel 1971, il Bangladesh ottenne l'indipendenza dal Pakistan, adottando una bandiera nazionale che presentava un disco rosso decentrato su uno sfondo verde con all'interno la silhouette dorata della carta geografica del Bangladesh. La bandiera attuale, adottata nel 1972, vede eliminare la carta geografica mantenendo inalterato tutto il resto. Il Governo del Bangladesh chiama ufficialmente “cerchio” il disco rosso; il colore rosso simboleggia il sangue versato negli sforzi per creare il loro Paese. La nazione-isola di Palau utilizza una bandiera dal design simile, ma la combinazione di colori differisce completamente. Anche se il Governo di Palau non cita quella giapponese come fonte di ispirazione per la loro bandiera nazionale, il Giappone si è occupato dell'amministrazione di Palau dal 1914 fino al 1944. La bandiera di Palau è composta da una luna piena dorata decentrata su uno sfondo blu. La luna è sinonimo di pace e di una nazione giovane, mentre lo sfondo blu rappresenta la transizione di auto-governo di Palau dal 1981 al 1994, prima di ottenere la piena indipendenza.
Anche l'insegna navale giapponese ha influenzato il design di altre bandiere. Un esempio è il logo della compagnia Asahi Shimbun; nella parte bassa della bandiera è visibile per un quarto un Sole nascente rosso sul quale è disegnato in bianco il carattere kanji 朝, ricoprendolo quasi interamente. I raggi partono dal Sole raggiungendo l'estremità della bandiera, alternando una striscia bianca ad una rossa, per un totale di 13 strisce. Essa si può osservare generalmente all'High School Baseball Championship, del quale l'Asahi Shimbun è lo sponsor ufficiale. Le bandiere e gli emblemi dei vari gradi della Marina Imperiale Giapponese sono ispirati anch'essi al design originale dell'insegna navale principale.

Per oggi è tutto,
un caloroso saluto dalla vostra
*Checca-chan!