lunedì 20 ottobre 2014

Il Padiglione d'oro a Kyoto.

Intorno al 1330, in una fase particolarmente cruenta delle incessanti lotte tra i signori feudali (daimyo) che si contendevano il dominio del Giappone incuranti dell'autorità - pur ritenuta di emanazione divina - dell'imperatore, uno di questi, il generale Takauji Ashikaga, si autoprolamò shogun (ossia detentore dello shogunato, una carica che si può tradurre come dittatura militare), ponendo sotto il suo potere tutti gli altri maggiori feudatari e relegando l'imperatore stesso a un ruolo quasi esclusivamente di rappresentanza.
Il generale trasferì ben presto la propria residenza (sede di ogni attività politico-militare) a Kyoto, l'antica capitale, la quale era stata sostituita con la città di Kamakura a partire dal 1192. La dinastia Ashikaga, di cui Takauji fu l'iniziatore, mantenne, attraverso la via ereditaria, lo shogunato fino al 1573, vale a dire per circa due secoli e mezzo.
Per quanto riguarda l'evoluzione del carattere dell'architettura, durante questo lunghissimo periodo di ininterrotta successione dinastica degli Ashikaga - particolarmente nel corso del primo secolo del loro shogunato - la crescente mentalità guerresca (si pensi al ruolo fondamentale assunto già da qualche decennio dalla casta dei guerrieri samurai) e gli austeri ideali propugnati dalla concezione zen contribuirono a introdurre una tendenza alla semplicità e alla morigeratezza in tutti gli aspetti della vita.
Anche la cerimonia del tè (di derivazione zen) propose molti suggerimenti per la costruzione degli edifici, soprattutto sollecitando a mitigare la tendenza allo sfarzo e all'esuberanza decorativa. Nella pratica, la sala e il padiglione da tè divennero i modelli per una progettazione basata su dimensioni modeste (ossia non oltre i limiti richiesti da un agevole svolgimento delle funzioni), decorazioni moderate, leggerezza strutturale e abbondanza di superfici aperte verso la natura circostante.
La vicenda del "Kinkakuji" (noto in Occidente come Padiglione d'oro) comincia con l'ascesa al potere di Yoshimitsu, il terzo shogun della dinastia Ashikaga, il quale, dopo aver consolidato il dominio della sia stirpe con l'unificazione del Paese (fino ad allora diviso in Corti del Nord e Corti del Sud), decise di lasciare l'importante carica al figlio e di dedicarsi allo studio e alla meditazione. A questo scopo acquistò una villa situata nel quartiere Muromachi, vale a dire nella più bella zona collinare nei dintorni di Kyoto, per farne la sua nuova dimora. Subito dopo, sull'ampio terreno circostante, cominciò a costruire una serie di edifici che fungevano da annessi alla struttura preesistente; la quale, nel frattempo, era stata restaurata e, in gran parte, trasformata secondo le esigenze di Yoshimitsu e quelle dei suoi collaboratori e degli autorevoli ospiti che egli frequentemente invitava a soggiornare presso di sé.
E' insieme a questi nuovi edifici che, tra il 1396 e il 1398, Yoshimitsu Ashikaga fece erigere anche il Padiglione d'oro. Volendo, tra l'altro, celebrare, con la creazione di tale opera, per più motivi straordinaria, proprio l'avvenuta, recente unificazione del Giappone (e il totale dominio degli Ashikaga su di esso), ordinò che il Kinkakuji presentasse nei suoi tre piani la sintesi dei più importanti stili del Paese.
Infatti, il primo piano, chiamato "La Camera delle acque di Dharma", fu realizzato nelle forme dello "shinden", lo stile che aveva caratterizzato le residenze delle grandi famiglie aristocratiche nell'ottavo e nel nono secolo. Per il secondo piano, detto "La Torre delle onde del suono", fu adottato quale modello progettuale lo stile "Buke-zukuri", più rigido e austero, peculiare delle abitazioni della casta dei samurai durante il precedente shogunato, al tempo, cioè, in cui la capitale era stata spostata a Kamakura. Infine, il terzo piano, più piccolo rispetto ai due sottostanti, fu costruito seguendo le prescrizioni dettate dalla mentalità zen e, di conseguenza, nel rispetto dei suggerimenti offerti dall'organizzazione degli ambienti adibiti alla cerimonia del tè.
Tutto intorno furono realizzati un grande giardino rappresentante l'universo secondo la concezione cosmogonica della religione buddhista di quel tempo e un piccolo lago sul quale in padiglione aggetta, creando sull'acqua straordinari riflessi dovuti soprattutto al fatto che le pareti esterne dei due piani superiori sono interamente rivestite con lamine di foglia d'oro.
Verso il 1410, ossia poco dopo la morte di Yoshimitsu Ashikaga - e nel rispetto della sua volontà - l'edificio fu trasformato, con alcuni interventi quasi esclusivamente interni, in un tempio-santuario buddhista.
Sebbene corrisponda in maniera assolutamente fedele all'originale, l'attuale Padiglione d'oro non è quello che fu costruito negli ultimi anni del XIV secolo. Infatti, completamente distrutto nel 1950 da un incendio appiccato, per motivi mai del tutto chiariti, da un giovane monaco appartenente al buddhismo zen, esso fu riedificato appena cinque anni più tardi.

Sayounara,
*Checca-chan!

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